Interessante pronuncia della Cassazione nella quale si affronta la questione del riparto dell’onere probatorio in ordine alla prova della (in)consapevolezza dell’illegalità del mezzo di trasporto: a carico del terzo trasportato o dell’assicurazione chiamata a risarcire il danno?

La vicenda

I tre attori convenivano davanti al Tribunale di Lodi, l’assicurazione designata alla gestione del Fondo di Garanzia Vittime della Strada, per sentir pronunciare la condanna della medesima, al risarcimento dei danni patiti, in qualità di terzi trasportati su un veicolo poi risultato rubato, a seguito di un sinistro stradale verificatosi per fatto e colpa esclusivi del conducente di detto veicolo.
Il Tribunale di Lodi rigettò la domanda sulla premessa che gli attori non avevano dato prova dei requisiti di cui al D.Lgs. n. 209 del 2005, art. 283, comma 2 che riconosce il risarcimento a carico del Fondo di Garanzia ai terzi trasportati che siano inconsapevoli della circolazione illegale. E tale decisione fu confermata anche in appello.
Cosicché, vicenda finì in Cassazione.
Con un primo motivo, gli originari attori censuravano la decisione impugnata per aver ritenuto che la prova dell’inconsapevolezza dell’illegalità del mezzo fosse fatto costitutivo della domanda risarcitoria, mentre avrebbe dovuto essere considerata fatto estintivo con onere della prova a carico dell’impresa di assicurazione, che ne eccepisse l’assenza.
Con il secondo motivo, denunciavano invece, la violazione, errata e falsa applicazione ed interpretazione dell’art. 113 c.p.c., art. 2697 c.c. e art. 283 cod. ass., oltre che dei principi di diritto comunitario anche in rapporto all’art. 13 della Direttiva 2009/103/CE, per aver posto l’inconsapevolezza dell’illegalità tra i fatti costitutivi della domanda risarcitoria del terzo danneggiato, con ciò sconfessando la diversa statuizione contenuta nella norma comunitaria secondo la quale l’onere probatorio dell’illegale circolazione deve essere posto a carico della compagnia di assicurazione; e per avere la sentenza impugnata, omesso di applicare il principio secondo il quale la buona fede di chi agisce a tutela dei propri diritti si presume.

La pronuncia della Cassazione

Per i giudici della Cassazione entrambi i motivi erano infondati, perché tutti volti a rappresentare la tesi secondo la quale l’onere di provare la consapevolezza dell’illegale circolazione del mezzo deve essere posta in capo all’assicuratore, al fine di garantire la massima protezione possibile dei diritti del terzo danneggiato.
In realtà, l’art. 283, comma 2 del Codice delle Assicurazioni, anche nella versione precedente la novella del 2005, è sempre stata interpretata dalla giurisprudenza nel senso che la deroga alla non risarcibilità del danno del terzo trasportato da parte della compagnia di assicurazioni si giustifica a condizione che sussista la condizione dell’ignoranza dell’illegale circolazione.
Questa lettura è del tutto coerente con la formulazione della norma che prevede ipotesi derogatorie al principio della non risarcibilità del danno, rispetto alla quale l’ignoranza dell’illegalità della circolazione non può che assumere natura di fatto costitutivo del diritto e non anche di fatto estintivo della pretesa.

Diritto comunitario e diritto nazionale a confronto

Tale argomentazione è valida anche sul piano del diritto comunitario. Ed invero, anche per il diritto comunitario vi è deroga al diritto al risarcimento del danno nel caso in cui i terzi trasportati fossero a conoscenza dell’illegale provenienza del veicolo.
L’unica differenza che può desumersi tra il testo comunitario e la norma interna consiste nel riparto dell’onere della prova laddove la normativa comunitaria pone tale onere a carico dell’assicuratore, mentre quella interna, non esprimendosi in modo chiaro, lascia comunque intendere che la mancata conoscenza dell’illegalità sia un fatto costitutivo della pretesa, a carico del danneggiato.
Il legislatore italiano nel dare attuazione alla normativa comunitaria e nel prevedere la copertura assicurativa a soggetti prima esclusi dal risarcimento, non ha potuto non occuparsi dei casi in cui il risarcimento del terzo trasportato contro la propria volontà o perché al corrente dell’illegalità della circolazione, non possa ottenere il risarcimento.

La decisione

L’aver posto a carico del danneggiato l’onere della prova della propria buona fede rientra, ad avviso della Suprema Corte di Cassazione, nella sfera di discrezionalità che residua allo Stato nell’attuare la direttiva, ferma restando l’identità del fine perseguito dal diritto comunitario e da quello interno, di non consentire il risarcimento a chi conosca la provenienza furtiva del mezzo.
Peraltro, l’accertamento della buona/mala fede del terzo trasportato rientra nella valutazione del giudice del merito e, dunque, non sindacabile in sede di legittimità.
E, «in ogni caso la giurisprudenza consolidata è nel senso di richiedere ai fini di poter rientrare nella deroga all’irrisarcibilità del danno, l’esclusione della conoscenza, da parte del terzo trasportato, della provenienza furtiva del veicolo. Come l’esclusione di tale conoscenza sia valutata dal giudice del merito è argomentazione neppure sindacabile in sede di legittimità, se coerentemente argomentata.
Per tutti questi motivi, il ricorso è stato rigettato con condanna del ricorrente al cd. raddoppio del contributo unificato.

La redazione giuridica

 
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