Una ricerca italo americana ha permesso di identificare un gene (LIMS1) che, quando diverso tra donatore e ricevente, contribuisce a peggiorare la riuscita dei trapianti di organo

Scoperto un gene (LIMS1) che provocherebbe il rigetto nei trapianti di organo. Lo studio, realizzato dai ricercatori delle Università di New York e di Torino, è stato pubblicato sulla rivista scientifica New England Journal of Medicine.
Ogni anno nel mondo più di 130.000 persone ricevono un trapianto di organo. In Italia nel 2018 sono stati fatti 3.718 trapianti, più del 10% dei quali presso l’Ospedale Universitario Città della Salute e della Scienza di Torino. La loro efficacia è indubbia: per chi riceve un trapianto la probabilità di sopravvivenza a cinque anni è pari a circa il 70%.
Ogni anno, solo meno del 30% dei pazienti in attesa trapianto lo riceve. Il primo problema, dunque, è incrementarne il numero tramite il reperimento di donatori deceduti o – nel caso del rene – promuovendo programmi di donazione da vivente. È anche vero che una certa quota di trapianti smette di funzionare nel tempo. Ciò in quanto il sistema immunitario dell’ospite riconosce l’organo trapiantato come diverso e lo rigetta. Per questo motivo il 20% circa di chi aspetta un trapianto di rene lo sta aspettando per la seconda volta. Di qui l’importanza di migliorare l’abbinamento tra donatore e ricevente, selezionandoli per caratteristiche genetiche compatibili.
Lo studio italo americano ha permesso di identificare un gene (LIMS1) che, quando diverso tra donatore e ricevente, vale a dire incompatibile, contribuisce in maniera significativa a peggiorare la riuscita del trapianto.

Il risultato si basa sull’analisi di più di 2700 coppie donatore-ricevente di trapianto renale, quasi 800 delle quali di Torino.

Grazie ad un approccio cosiddetto genomico, si è identificata una combinazione genetica che più frequentemente era presente nei riceventi il cui trapianto era stato rigettato. A spiegarlo è il professor Antonio Amoroso, responsabile del gruppo di ricerca di Genetica dei Trapianti dell’Università di Torino.
“Si è quindi compreso – aggiunge – che nella popolazione di origine europea il 60% dei soggetti presenta una caratteristica genetica che permette di produrre una proteina (LIMS1 per l’appunto) presente in molti tessuti, compreso quello renale. Al contrario, il 40% degli individui invece possiede varianti genetiche che non permettono di esprimerla. In caso di trapianto di rene che provenga da un donatore con la variante che esprime la proteina LIMS1, i riceventi che geneticamente non la producono possono riconoscerla come estranea ed indirizzare contro di essa una risposta immunitaria di rigetto dell’intero trapianto. Si è infatti dimostrato che i riceventi negativi per la proteina sviluppano – quando trapiantati con reni positivi – anticorpi anti-LIMS1.
Secondo un’altra autrice della ricerca la professoressa Silvia Deaglio sono due le implicazioni più importanti di questo lavoro. “La prima è quella di utilizzare queste informazioni genetiche per trovare le combinazioni più compatibili quando si selezionano i riceventi da trapiantare. Già oggi – sottolinea – si eseguono i test cosiddetti di tipizzazione tessutale (o HLA) per scegliere quale dei pazienti in lista di attesa presenti le caratteristiche più simili a quelle del donatore che si rende disponibile. Non è difficile introdurre anche l’analisi di questa caratteristica genetica al fine di migliorare gli abbinamenti e con essi l’esito dei trapianti. Questo studio, inoltre – conclude – ci ha permesso di mettere a punto le analisi di laboratorio per intercettare la presenza di anticorpi contro la proteina LIMS1. Potremmo dunque utilizzarle per monitorare i trapianti ed accorgerci se compaiano questi anticorpi dopo trapianto, caso mai prima dei segni clinici di rigetto, in un momento più precoce che renda più efficace la terapia anti-rigetto”.
 
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