Prof.  Igino GENUINI, Specialista in Cardiologia, Direttore  Unità  Operativa di Terapia Intensiva Coronarica, Dipartimento di Malattie Cardiovascolari e Respiratorie dell’Ospedale Policlinico Umberto I, Roma
Il trapianto di organo, in generale, è un intervento “gratuito” per il Cittadino in quanto rientra nei Livelli Essenziali di Assistenza (LEA), ossia le prestazioni e i servizi che il Servizio Sanitario Nazionale fornisce a tutti gli aventi bisogno. 

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Alla base dei notevoli progressi compiuti negli ultimi anni in Italia, in materia di trapianti, sono da annoverare un’organizzazione su scala nazionale, interregionale, regionale e locale sempre più efficiente, campagne di sensibilizzazione mirate ed efficaci e un livello di formazione dei medici ormai da considerare  eccellente. Questi elementi contribuiscono a rendere il trapianto un intervento ragionevolmente sicuro.

Nella stragrande maggioranza dei casi costituisce, per il ricevente, l’unica opportunità di riprendere a vivere normalmente. Normative e linee guida in costante evoluzione, collaborazioni scientifiche con i Centri di ricerca d’eccellenza in Europa e la pubblicazione sempre aggiornata dei dati relativi a donazione, trapianto e liste d’attesa, concorrono ad assicurare al cittadino la doverosa qualità e trasparenza della rete dei trapianti in Italia. Tuttavia, sebbene le donazioni siano in aumento, esiste ancora un forte divario tra il numero di pazienti in lista di attesa e i trapianti effettuati per anno.

Il trapianto di cuore, in particolare, è l’operazione chirurgica finalizzata all’impianto, in un individuo con una severa insufficienza cardiaca, di un cuore sano, proveniente da un donatore morto di recente. 

Il termine insufficienza cardiaca indica quella grave condizione patologica in cui il cuore di una persona è irrimediabilmente danneggiato e non “lavora” più come dovrebbe; in altre parole, fatica a pompare il sangue in circolo e a rifornire d’ossigeno i vari organi e tessuti del corpo. Le cause più comuni di insufficienza cardiaca sono: le coronaropatie, cioè la cardiopatia ischemica, associata all’allungamento della durata della vita, le cardiomiopatie, i difetti delle valvole cardiache (valvulopatie) e i difetti congeniti del cuore.


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In Italia, nel 2013, il numero di interventi tenutisi è stato di 219, a fronte di ben 696 richieste. Sempre nel nostro Paese, l’attesa media per un cuore “nuovo” è di circa 28 mesi, ovvero 2 anni e 4 mesi. I Centri ospedalieri italiani, in grado di realizzare un trapianto di cuore, sono 14, come rilevabile dal sito web del Ministero della Salute: Osp. S.G. Battista – Molinette; Torino, Osp. Infantile Regina Margherita- Torino, Osp. Ca’Granda – Niguarda Milano, Osp. Riuniti; Bergamo, A.O.  S. M. della Misericordia; Udine, Osp. Pol. S.Matteo; Pavia, Orsola – Malpighi; Bologna, Spedali Riuniti; Siena, Osp. S. Camillo; Roma, Osp. Bambino Gesù; Roma, O. Monaldi; Napoli, A.O. Pol. Consorziale; Bari, A.O. G. Brotzu; Cagliari, Is. Me. T.T.; Palermo. Secondo alcune ricerche statistiche, ogni anno nel mondo, si tengono circa 3500 trapianti di cuore. Il maggior numero di interventi avviene negli Stati Uniti: qui, infatti, si realizzano annualmente tra le 2000 e le 2300 operazioni.

Procedure, rischi, prognosi:

a)Trapianto di cuore in modalità “tradizionale”

(Asportazione/sostituzione del cuore malato con il cuore del donatore). La procedura d’intervento tradizionale – progettata nel 1958 da due cardiochirurghi americani di nome Norman Shumway e Richard Lower – è detta ortotopica e prevede le seguenti tappe operative:

  • Sternotomia. È l’apertura chirurgica dello sterno, che consente al chirurgo di accedere alla cavità toracica in cui risiede il cuore.
  • Apertura del sacco pericardico e deviazione dei vasi sanguigni del paziente verso la cosiddetta macchina cuore-polmone. Quest’ultima provvede alla circolazione extracorporea e fa le veci di cuore o polmoni.
  • Rimozione del cuore malato, con eccezione di parte dell’atrio sinistro, e inserimento del cuore “nuovo”. È importante ricordare ai lettori che il cuore di un donatore dichiarato in morte cerebrale è ancora vitale e battente. Pertanto, al momento del suo prelievo, va temporaneamente fermato mediante un’iniezione di cloruro di potassio.
  • Collegamento, mediante suture, tra cuore “nuovo” e vasi cardiaci afferenti ed efferenti del ricevente. Terminata questa fase, il chirurgo operante deve sincerarsi che il cuore abbia ripreso a battere.
  • Scollegamento del paziente dalla macchina cuore-polmone e chiusura del torace.

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La conservazione del cuore appartenente al donatore avviene in ghiaccio: qui, l’organo può sopravvivere senza rifornimenti di sangue per circa 4-6 ore. Dopodiché diventa inutilizzabile. Secondo alcuni attendibili studi statistici, la procedura d’intervento tradizionale è migliorata molto negli ultimi 20 anni presentando, fino a circa cinque anni orsono, i seguenti valori di sopravvivenza post-operatoria:

  • A un anno dall’operazione, la sopravvivenza era dell’88% per gli uomini e dell’86,2% per le donne
  • A 3 anni dall’operazione, la sopravvivenza era del 79,3% per gli uomini e del 77,2% per le donne
  • A 5 dall’operazione, la sopravvivenza era del 73,2% e del 69% per le donne

Inoltre, da un altro interessante studio statunitense svoltosi tra il 1999 e il 2007, è emerso che gli uomini che ricevono un cuore sano da una donna hanno un 15% di possibilità in più di sviluppare complicazioni entro i primi 5 anni dall’intervento; particolarità che a parti invertite non si verifica: le donne, infatti, reagiscono allo stesso modo al trapianto, sia che ricevano il cuore da uomo sia che lo ricevano da una donna. Secondo i ricercatori, i maggiori problemi riscontrati in occasione degli impianti di un cuore femminile in un individuo maschio sarebbero legati, solo in parte, alle dimensioni. Le altre effettive cause, al momento, sono ancora ignote.

b)Trapianto di cuore in modalità “organo vivente”

Un approccio chirurgico alternativo a quello tradizionale, durante il quale avviene la sostituzione del cuore malato (procedura ortotopica), è la cosiddetta procedura eterotopica. Durante questa modalità d’intervento, il cardiochirurgo inserisce il cuore “nuovo”, senza però rimuovere quello malato. In altre parole, al termine dell’intervento, il paziente si presenta con due cuori: il cuore originario, sofferente, e il cuore trapiantato, sano, collegato al primo attraverso più vasi sanguigni.

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Terapia anti rigetto d’organo

Come dopo ogni trapianto, anche in questo caso occorre iniziare una terapia a base di farmaci immunosoppressori, contro il rischio rigetto. Il ricorso alla procedura eterotopica può avvenire per almeno due motivi:

  • Quando il cuore originario mostra possibili segnali di recupero funzionale. Se ciò dovesse verificarsi, il secondo cuore verrebbe rimosso.
  • Quando le dimensioni del corpo del paziente sono superiori a quelle del corpo del donatore. In questi frangenti, il cuore “nuovo” è più piccolo dell’originario e, da solo, potrebbe non bastare nella sua azione di pompa.

Alcuni, principali, rischi dell’intervento

Il trapianto di cuore è un’operazione molto delicata e non esente da complicazioni. Diversi disturbi, non tutti, insorgono a causa dell’assunzione di farmaci immunosoppressori; queste medicine sono fondamentali per un individuo trapiantato, perché depotenziano le difese immunitarie riducendo le probabilità di rigetto del nuovo cuore impiantato. Il seguente elenco riporta alcune delle complicanze più comuni successive a un trapianto di cuore:

  • Rigetto dell’organo
  • Fallimento del trapianto
  • Infezioni

Rigetto dell’organo

Il rigetto avviene quando il sistema immunitario di una persona, sottoposta a trapianto, aggredisce l’organo impiantato perché lo considera estraneo all’organismo. Il pericolo di rigetto si riduce nel tempo, ma, purtroppo, non si esaurisce mai del tutto. Pertanto, l’assunzione di immunosoppressori e i controlli periodici diventano, per chi si è sottoposto a un trapianto (di cuore o di qualsiasi altro organo), normale routine. Esistono due forme di rigetto: acuta, se si verifica poco tempo dopo l’intervento; cronica, se si palesa a distanza di mesi o anni dall’operazione.

Sintomi di rigetto del cuore:

Fallimento del trapianto

Per fallimento del trapianto s’intende la situazione in cui il cuore nuovo, appena impiantato, interrompe il battito improvvisamente o non comincia neppure la sua azione. In tali circostanze, il paziente è in serio pericolo di vita. Il fallimento del trapianto può verificarsi o perché il cuore del donatore, al momento del decesso, ha subìto un danno non visibile ma critico, o perché i vasi sanguigni (afferenti ed efferenti rispetto al cuore) non sono collegati a dovere.

Infezioni

Gli individui trapiantati sono esposti ad infezioni batteriche, fungine e virali, in quanto le difese immunitarie sono depotenziate dall’assunzione di immunosoppressori. Le infezioni batteriche più riscontrate, tra i pazienti, sono quelle che colpiscono ipolmoni, provocando tutti i sintomi di una polmonite. Per prevenirle, si somministrano degli antibioticiLe infezioni fungine più comuni sono di tipo invasivo; esse provocano febbre, dolore al torace, fiato corto e vertigini; si prevengono con farmaci antifunginiInfine, le infezioni virali più frequenti sono quelle sostenute da citomegalovirus; per la loro prevenzione, si consiglia di assumere antivirali, specialmente nei primi mesi dopo l’intervento.

Prognosi

La qualità dei trapianti effettuati in Italia, così come la sopravvivenza dei pazienti e degli organi, è migliorata notevolmente negli ultimi anni, e l’outcome dei trapianti italiani è paragonabile – o superiore – ai principali Paesi europei, come evidenziato dai principali registri internazionali. I dati raccolti nel corso degli audit effettuati nell’ultimo triennio, in tutti i Centri di trapianto, hanno mostrato che sono reinseriti nella vita sociale e conducono una buona qualità di vita l’89,3% dei trapiantati di cuore. I dati relativi alla “riabilitazione dei pazienti” confermano che il trapianto consente di salvare migliaia di vite l’anno, con ottimi risultati anche sul fronte del pieno reinserimento nella vita sociale. Questi risultati sono il frutto dell’alta professionalità dei medici e di tutti gli operatori coinvolti nel sistema trapianti.

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1 commento

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