Secondo la Corte di Cassazione il notaio ha una personale responsabilità e la compilazione degli atti va svolta in sua presenza.

Cosa rischia il notaio a causa dei troppi atti stipulati, magari anche in città diverse lo stesso giorno? Una condotta del genere potrebbe far dubitare che la prestazione sia stata svolta “personalmente” dal professionista.

Per questo motivo, secondo la Corte di Cassazione, seconda sezione civile, che lo ha stabilito nell’ordinanza n. 10872/2018, è possibile che il notaio venga sospeso.

È quanto accaduto nel caso di specie, in cui gli Ermellini si sono pronunciati sul ricorso di un notaio. Il professionista era stato condannato alla sospensione dall’esercizio delle funzioni notarili dalla competente Commissione di disciplinare.

Questo in quanto non aveva assicurato la personalità della prestazione.

Infatti, era stato accertato che il professionista manteneva un “gravissimo ed eccessivo carico di lavoro”.

Troppi atti stipulati nell’anno 2014 – addirittura 3.489 – con incrementi rispetto al passato considerati anomali per la loro entità.

Tali stipule, inoltre, erano state fatte nella stessa giornata e città diverse. Addirittura con una media di 16 atti e comunque non meno di 11 al giorno (considerando i sabati come lavorati).

Questo carico di lavoro eccessivo è apparso sospetto. Al punto da far mettere in discussione che fosse proprio il notaio, personalmente, a redigerli.

Pertanto, i giudici, ricordano come, in tema di illeciti disciplinari previsti a carico di chi esercita la professione notarile, l’art. 147, lettera a), della legge notarile, prevede una fattispecie disciplinare a condotta libera.

All’interno di questa risulta punibile ogni comportamento, posto in essere sia nella vita pubblica che nella vita privata, idoneo a compromettere l’interesse tutelato.

Circostanza che si verifica ogni volta che si ponga in essere una violazione dei principi di deontologia enucleabili dal comune sentire in un determinato momento storico.

In questo caso, il notaio si sofferma sulla modificazione apportata dalla legge n. 246/2006 all’art. 47, comma 2, della legge notarile.

In base al testo originario, si dispone che “Spetta al notaio soltanto di indagare la volontà delle parti e dirigere personalmente la compilazione integrale dell’atto”, mentre, a seguito della novella, è stabilito che “Il notaio indaga la volontà delle parti e sotto la propria direzione e responsabilità cura la compilazione integrale dell’atto”.

Secondo il professionista, dal mutamento va tratto il convincimento per cui non è più necessaria la “onnipresenza fisica e permanente del Notaio”.

E ciò in quanto si deve abbandonare la vecchia visione del “neoformalismo procedimentale” in favore di una nuova figura e funzione notarile. Figura che non necessiterebbe più di un professionista che “appare”, ma che “parla di sé (…) attraverso la qualità dei suoi atti che attesta anche la personalità della prestazione attraverso un’efficiente gestione della sua presenza”.

Ma le obiezioni del notaio non hanno convinto la Cassazione, che non ne ha accettato il ricorso.

Quello descritto dal notaio è un “modello manageriale futuribile, allo stato contrastante con la legge. In esso, il notaio assegnerebbe la certificazione fideifacente e il ruolo di alto consulente dei contraenti, a un complesso organizzato aziendale, nel quale non sia prevista la sua presenza certificatoria, ma solo la sua supervisione”.

Infatti, ricorda la Cassazione, nel nostro ordinamento, al notaio viene attribuito il compito, non delegabile, di indagare la volontà delle parti.

Un ruolo che non contempla quello di direzione. Pertanto anche laddove sia coadiuvato da personale di fiducia nella compilazione dell’atto, questa deve svolgersi in presenza del professionista. E questo in quanto non deve mai venir meno una sua personale responsabilità.

 

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