Contro il tumore al fegato un progetto di ricerca italiano dà speranza ai malati. Ce ne parla il dr. Luigi Buonaguro

Il tumore al fegato è seconda causa di morte per tumore dopo quello ai polmoni. Oltre ad essere estremamente diffuso (nel 2016 solo in Italia ci sono state quasi 13 mila nuove diagnosi) è particolarmente insidioso perché non può essere trattato con chemioterapia né con radioterapia.
Se diagnosticato in fase precoce, può essere asportato chirurgicamente e in questo caso la sopravvivenza a 5 anni è molto alta. In caso di lesioni multiple, vengono invece effettuati trattamenti loco-regionali, come la termoablazione. Ma per gli stadi più avanzati esiste solo un farmaco, che ha però scarsa efficacia.
La speranza di trovare una cura al tumore al fegato è oggi rappresentata da un progetto di ricerca italiano, che ha come obiettivo quello di sviluppare un vaccino terapeutico che agisca direttamente sulle cellule tumorali del fegato già sviluppate, l’ “Hepavac”.
Il progetto, iniziato nel 2013 e che si concluderà nel 2018, è coordinato dal professor Luigi Buonaguro dell’Istituto Nazionale Tumori Pascale di Napoli, per la sua innovatività ha catturato l’attenzione della Comunità Europea ed ha ricevuto un finanziamento di 6 milioni di euro nell’ambito del Settimo Programma Quadro.
Responsabile Civile ha raggiunto il prof. Buonaguro per saperne di più.
Prof. Buonaguro, qual è la portata di questa ricerca?
Attualmente non ci sono terapie efficaci per il tumore al fegato, una patologia così rilevante su scala mondiale per diffusione e mortalità. Abbiamo sviluppato una tecnologia unica al mondo per realizzare un vaccino terapeutico che agisca sulle cellule tumorali già sviluppate. Questo progetto, fortemente sostenuto dal direttore generale dr. Attilio Bianchi e dal direttore scientifico dr. Gerardo Botti, pone l’Istituto Pascale come capofila di una ricerca e sperimentazione clinica che può portare un contributo fondamentale nel trattamento di questa patologia, all’interno di un partenariato internazionale di primissima qualità.
Cosa si intende con vaccino “terapeutico”?
Il vaccino è generalmente preventivo e somministrato a soggetti sani per impedire l’insorgenza della patologia. L’Hepavac è invece somministrato a chi presenta già la malattia, con l’obiettivo di stimolare il sistema immunitario a reagire.
In che modo agisce il vaccino?
Il principio attivo si basa sugli antigeni. Abbiamo identificato dei target molecolari specifici delle cellule tumorali del fegato e le utilizzeremo nel vaccino per stimolare la risposta immunitaria, perché riconosca e uccida le cellule tumorali senza fare alcun danno agli altri tessuti sani. Il vaccino può anche essere personalizzato: per alcuni pazienti sono state identificate delle molecole specifiche in aggiunta a quelle condivise con gli altri.
Attualmente qual è il percorso terapeutico per curare il cancro al fegato?
Il paziente affetto da tumore al fegato riceve dei trattamenti chirurgici o loco regionali e poi viene mandato a casa. Periodicamente torna per controlli. Se ricompare una lesione farà un’altra volta questi trattamenti e sarà di nuovo mandato a casa. Per quanto riguarda il trapianto di fegato, soprattutto nelle fasi più precoci (e al di là della scarsa disponibilità di organi) non garantisce tuttavia una guarigione definitiva. È possibile che il nuovo tessuto si infetti nuovamente e sviluppi di nuovo il tumore, soprattutto da epatite B o C. Attualmente esiste un farmaco contro l’epatite C che sembra capace di eliminare l’infezione del virus. Ora è molto costoso quindi solo pochi riescono ad accedervi anche in un paese come l’Italia. È probabile che in un futuro i costi di questo farmaco diventino accettabili, è dunque probabile che riusciremo a eliminare il virus nel sangue dei pazienti cronicamente infetti. Con il vaccino andremo a riempire un vuoto terapeutico.
In che fase si trova attualmente la ricerca?
Sta per partire la fase di sperimentazione precoce, per testare la sicurezza del prodotto e verificare la presenza di effetti collaterali o avversi. In questo momento stiamo procedendo all’arruolamento dei pazienti, finiremo a luglio 2018. Poi tra un anno e mezzo entreremo nella fase 3, per la quale avremo bisogno di altri finanziamenti e procedere all’arruolamento di molti più pazienti.
Chi partecipa alla sperimentazione precoce?
Si tratta di pazienti con tumore al fegato ma solo in stadio iniziale, lo stadio avanzato per ora è escluso dal protocollo. Saranno in totale 40, seguiti in strutture di 5 paesi europei. In Italia, oltre al Pascale di Napoli partecipa l’ospedale di Negrar di Verona, mentre le altre strutture sono a Tubinga, Pamplona, Anversa e Birmingham. Alla fase di studio ha partecipato anche la Francia.

Laura Fedel

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