Ho il piacere di commentare una consulenza tecnica di ufficio in quanto ultimamente irritato da troppe consulenze fatte con i piedi e con le mani, ma non con la testa. Scriverò poche righe di commento puntando a precisare le parti essenziali di una perizia di responsabilità sanitaria che è chiarificatrice sulle modalità logiche di stesura. Se il consulente ha, da un lato, l’obbligo giuridico di rispondere ai quesiti del giudice dall’altro deve farlo con criteriologia adeguata (direi medicolegale) per far comprendere allo stesso giudice come valutare la responsabilità dei sanitari senza vizi di logica. Come si apprezza dalla perizia, il consulente ha descritto i fatti partendo dalla tipologia di intervento, dalla sua modalità di esecuzione e soprattutto dalla valutazione di ciò che andava fatto «preoperatoriamente» (studio strumentale della patologia).

Ragionando ex ante, ha evidenziato:

  • Che la diagnosi è stata adeguata nascendo da un percorso diagnostico adeguato;
  • Che la tipologia di tecnica chirurgica fosse tra le più adeguate al caso in esame;
  • Come tecnicamente si possa far risalire la complicanza perforativa a errore di manualità fatto dal chirurgo evidenziandone l’evitabilità (che è principale riferimento sulla responsabilità colposa del chirurgo);
  • Tutti i danni conseguenza derivanti dalla «malpractice» valutadoli in termini di danno biologico e in riferimento ai barémés della responsabilità civile, motivando sufficientemente l’esclusione del danno psichico lamentato dall’attrice;

Insomma ha fatto tutto quello che un buon e colto consulente deve fare nello svolgimento di un incarico peritale ed ha delineato una guida corretta per l’esecuzione di una perizia medicolegale in tema di responsabilità medica. Quindi si potrebbe definire una linea guida medicolegale nell’interpretazione dei fatti accaduti in una lamentata «malpractice». Ora in verità non mi sento di sorvolare su di una piccola pecca presuntiva del ctu, ossia sulla valutazione dell’adeguatezza informativa data dai sanitari alla paziente. Poteva evitare di esprimersi sull’adeguatezza del consenso trattandosi sia di un tentativo di conciliazione che di un fatto dove è palese l’errore medico. Comunque non si può prendere come riferimento un foglio generico di consenso sottoscritto da un paziente quando durante le operazioni peritali lo stesso paziente ha ben descritto quanto riferito dai sanitari a riguardo della terapia chirurgica, nel senso di una totale disinformazione sui rischi della procedura. Su questo argomento, che comunque è solo una prova ottenibile in giudizio e non translabile ad un CTU, se ne riparlerà in seguito. Penso che chi legge debba aprire il file allegato e leggere attentamente questa perizia in quanto ricca di indicazioni di «bestpractice» medicolegale.

Dr. Carmelo Galipò

 
Scarica il file della CTU:
Consulenza Tecnica d’ufficio Dott. G. V.
 

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