I medici dovranno fornire agli assistiti informazioni complete sull’uso dei dati, ma potranno trattarli, per finalità di cura, senza il consenso del paziente

I medici potranno trattare i dati dei pazienti, per finalità di cura, senza dover richiedere il loro consenso, ma dovranno comunque fornire loro informazioni complete sull’uso dei dati. Il medico che opera come libero professionista non è tenuto a nominare il Responsabile della protezione dati.  Tutti gli operatori del settore dovranno tenere un registro dei trattamenti dei dati.  Questi sono i principali chiarimenti forniti dal Garante della privacy sulle novità introdotte, in ambito sanitario, dal GDPR e dalla normativa nazionale.
Il provvedimento generale intende favorire un’interpretazione uniforme della nuova disciplina, ancora in fase transitoria, e supportare gli operatori con informazioni utili alla sua corretta attuazione. Il Garante ha chiarito, ad esempio, che il professionista sanitario non deve più richiedere il consenso per i trattamenti di dati necessari alla prestazione sanitaria.
E’ invece richiesto il consenso, o una differente base giuridica, quando tali trattamenti non sono strettamente necessari per le finalità di cura. Ciò anche quando sono effettuati da professionisti della sanità. Ne sono un esempio i trattamenti di dati sulla salute connessi all’uso di “App” mediche (ad eccezione di quelle per la telemedicina). O ancora quelli effettuati per la fidelizzazione della clientela, oppure per finalità promozionali, commerciali o elettorali.

L’Autorità ricorda che, sulla base dell’attuale normativa che regola il settore, permane la necessità di acquisire il consenso anche per il trattamento dei dati relativo al fascicolo sanitario elettronico, o per la consultazione dei referti online.

Nel documento del Garante sono forniti chiarimenti anche in merito all’informativa agli interessati. Questa, in particolare, deve essere concisa, trasparente, intelligibile e facilmente accessibile, scritta con linguaggio semplice e chiaro. Rispetto al modello pre-GDPR, essa deve contenere maggiori informazioni a tutela dell’interessato. Tra queste, ad esempio, quelle relative ai tempi di conservazione dei dati,  che – se non sono specificati dalla normativa di settore – dovranno comunque essere individuati dal titolare (ad esempio il medico specialista o l’ospedale).
Il Garante dedica una sezione anche al Responsabile per la protezione dei dati (RPD o DPO nell’acronimo inglese). Sono tenuti alla nomina del RPD tutti gli organismi pubblici, nonché gli operatori privati che effettuano trattamenti di dati sanitari su larga scala. E’ il caso, ad esempio,  delle case di cura. Non sono invece tenuti alla sua nomina i liberi  professionisti o altri soggetti, come le farmacie, che non effettuano trattamenti su larga scala.
L’Autorità infine chiarisce che è obbligatorio per tutti gli operatori sanitari tenere un registro che elenchi le attività di trattamento effettuate sui dati dei pazienti. Tale documento rappresenta, in ogni caso, un elemento essenziale per il “governo dei trattamenti” e per l’efficace individuazione di quelli a maggior rischio, anche per dimostrare il rispetto del principio di responsabilizzazione (accountability) previsto da GDPR.
 
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