La Cassazione fornisce chiarimenti in merito all’ uso esclusivo di parti comuni in condominio, affermando che può essere trasferibile: ecco perché.

La Corte di Cassazione, seconda sezione civile, nell’ordinanza n. 24958/2018, ha precisato che l’ uso esclusivo di parti comuni in condominio può essere trasferibile in quanto non è riconducibile al diritto reale d’uso.

Rammentano gli Ermellini, infatti, che l’uso esclusivo su parti comuni dell’edificio che viene riconosciuto, al momento della costituzione di un condominio, a favore di unità immobiliari in proprietà esclusiva, non incide sull’appartenenza delle parti comuni alla collettività.

Bensì, sul riparto delle correlate facoltà di godimento tra i condomini.

Il diritto in questione, pertanto, non cessa con la morte del beneficiario e potrà essere trasferito unitamente all’unità immobiliare cui accede

La vicenda

Nel caso di specie, tutto ha inizio dalla domanda di un condominio che aveva convenuto in giudizio un condomino affinché fosse accertata l’insussistenza in capo al medesimo del diritto di uso esclusivo di parti comuni.

In particolare, del cortile condominiale, con conseguente ordine di cessare ogni turbativa e condanna a risarcire i danni causati.

Ebbene, in sede di appello la domanda è stata accolta. Così, il condomino si è rivolto in Cassazione.

Egli, infatti, riteneva che la Corte territoriale avesse male interpretato la clausola del rogito nell’originario contratto di compravendita.

Nel farlo, aveva ritenuto che la riserva d’uso prevista in favore della sua dante causa fosse riferita alla persona della stessa e non all’appartamento di cui essa era proprietaria. Inoltre, aveva errato nel ritenere che, nella specie, sussistesse un diritto reale d’uso ex articolo 1021 c.c. e non un rapporto pertinenziale.

Si può trasferire il diritto all’uso esclusivo su parti comuni in Condominio

Gli Ermellini, accogliendo il ricorso, hanno ricordato che, secondo la più recente giurisprudenza, l’ uso esclusivo di parti comuni dell’edificio riconosciuto, al momento della costituzione di un condominio, in favore di unità immobiliari in proprietà esclusiva, al fine di garantirne il migliore godimento, non incide sull’appartenenza delle dette parti comuni alla collettività.

Esso incide invecesul riparto delle correlate facoltà di godimento fra i condomini, che avviene secondo modalità non paritarie determinate dal titolo, in deroga a quello altrimenti presunto ex articoli 1102 e 1117 del codice civile.

Un diritto, questo, che non è riconducibile al diritto reale d’uso previsto dall’articolo 1021 c.c..

Pertanto, è tendenzialmente perpetuo e trasferibile ai successivi aventi causa dell’unità immobiliare cui accede (Cass., n. 24301/2017).

Non solo.

La Cassazione ha fatto il punto anche in merito al concetto di pertinenza.

Questa deve ritenersi utilizzato, in casi come quello oggetto della sentenza, in senso atecnico, volendosi semplicemente indicare la maggiore utilità che una proprietà esclusiva può trarre da un bene comune cd. in uso esclusivo.

È diverso, pertanto, dal caso della pertinenza che, ai sensi dell’art. 817 c.c., sono le cose destinate in modo durevole a servizio o a ornamento di un’altra cosa.

In conclusione, la corte territoriale ha errato nel ricondurre il diritto in questione nell’ambito di applicazione dell’articolo 1021 c.c..

E questo non potendosi considerare, al contrario, l’uso esclusivo su parti comuni dell’edificio condominiale un diritto reale d’uso non cedibile e destinato ad estinguersi con il decesso del beneficiario.

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