Nel caso esaminato dalla Cassazione all’imputato è stata riconosciuta un’esimente putativa derivante dall’autorizzazione ottenuta dalla madre che gli aveva fornito tessera e codici per il prelievo

Indebito utilizzo di una carta bancomat. Questo il reato per il quale è stato condannato un giovane che aveva prelevato denaro dal conto dei genitori. Per la Corte di appello, infatti, il figlio aveva agito nonostante la consapevolezza del dissenso del padre, da cui infatti era partita la denuncia.
Il Giudice di secondo grado non ha invece accolto l’argomentazione dell’appellante che sosteneva l’insussistenza del reato in base al consenso fornito dalla madre cointestataria del conto, che gli aveva fornito carte e codici operativi.
L’imputato si è quindi rivolto alla Suprema Corte evidenziando come il fatto fosse stato compiuto in assenza del necessario dolo, proprio in virtù dell’autorizzazione all’utilizzo prestato dal contitolare del conto che aveva creato in lui la legittima convinzione di agire con il consenso dell’avente diritto.
La Cassazione, con sentenza n. 20678/2017 non ha potuto effettivamente escludere con certezza la fondatezza della tesi difensiva, evidenziando di fatto l’impossibilità ad effettuare i prelievi senza la conoscenza dei dati forniti dalla cointestataria del conto. La fattispecie incriminatrice di causa, infatti, punisce l’utilizzo indebito della carta bancomat, perseguendo le condotte di colui che non abbia il diritto di servirsene.
Di conseguenza, ai fini dell’integrazione del reato è necessaria la consapevolezza, da parte dell’utilizzatore, della mancanza del diritto. Nel caso in esame, quindi, gli Ermellini hanno ritenuto di riconoscere al giovane l’esimente putativa, quantomeno sotto il profilo del ragionevole dubbio che fosse convinto della legittimità dell’utilizzo. Per i Giudici del Palazzaccio, dunque, il fatto non costituisce reato.

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