Il sindaco può vietare l’ accesso ai cani in un parco pubblico? Ecco cosa ha stabilito il Tar Toscana con la sentenza n. 694/2017.

Il sindaco può emanare ordinanze che vietino l’ accesso ai cani in un parco pubblico? Secondo il TAR Toscana, che si è espresso con la sentenza n. 694 del 16 maggio 2017, è possibile “solo in caso di emergenza sanitaria o igiene pubblica”.

La vicenda

Nel caso esaminato dal TAR, il Sindaco di un Comune, avvalendosi dei poteri previsti dall’art. 50 del d. lgs. n. 267/2000, disponeva il “divieto di accesso di cani, anche accompagnati dai rispettivi conducenti”, ad un parco pubblico, in quanto era stata riscontrata “la presenza di numerosi escrementi canini in ambito urbano comunale”.
L’associazione “Lega per l’Abolizione della Caccia”, ritenendo tale decisione ingiusta, decideva di impugnare tale provvedimento dinanzi al TAR, al fine di ottenerne l’annullamento.
Il TAR riteneva, in effetti, di dover dar ragione all’associazione, accogliendo il relativo ricorso, in quanto fondato.
Osservava in proposito che, ai sensi dell’art. 50 del d. lgs. n. 267/2000, il Sindaco può emettere delle ordinanze “contingibili e urgenti”, solamente “in caso di emergenze sanitarie o di igiene pubblica a carattere esclusivamente locale”.

La sentenza del Tar Toscana

Secondo il TAR, dunque, l’esercizio di tale potere da parte del Sindaco “presuppone il requisito della necessità di un intervento immediato, al fine di rimuovere uno stato di grave pericolo per l’igiene e/o la salute pubblica e caratterizzato da una situazione eccezionale e/o imprevedibile da fronteggiare per mezzo di misure straordinarie di carattere provvisorio”.
In sostanza, dunque, l’art. 50 del d. lgs. n. 267/2000 riconnette il potere del Sindaco di emettere ordinanze provvisorie e urgenti alla sussistenza di una vera e propria di situazione di emergenza di natura igienico-sanitaria, in ordine alla quale si ritiene necessario provvedere con assoluta urgenza.
Secondo il TAR, il provvedimento oggetto di impugnazione, doveva ritenersi illegittimo, in quanto lo stesso, “oltre a non recare alcuna indicazione in ordine ai suoi limiti temporali di efficacia”, non appariva sorretto da adeguati motivi di emergenza sanitaria o di igiene pubblica, non potendo considerarsi di tale natura “la mera rilevazione di escrementi canini in ambito urbano comunale’”.
Alla luce di tali considerazioni, il TAR accoglieva il ricorso proposto dall’associazione, annullando il provvedimento emesso dal Sindaco e condannando il Comune anche al pagamento delle spese processuali, da corrispondersi allo Stato.
 
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