Ostacola i rapporti dell’ex coniuge con le figlie e lo accusa falsamente di abusi sessuali nei confronti delle minori: la Cassazione conferma la sanzione già disposta a suo carico, del pagamento di 2.500 euro in favore della Cassa delle ammende

La vicenda

Nel 2015 il Tribunale di Catania pronunciava la separazione personale tra due coniugi e affidava le figlie minori alla madre, ponendo a carico del marito un assegno per il mantenimento della moglie e delle figlie di 600 euro mensili.
Ma in appello, l’ex moglie veniva condannata al pagamento di una sanzione di 2.500 euro in favore della Cassa delle ammende per aver posto in essere una condotta ostruzionistica ai danni del marito.
Seguiva pertanto il ricorso per Cassazione, su proposta del difensore di quest’ultima che denunciava l’omesso esame di un fatto decisivo ai fini del giudizio, ossia la condotta di abuso sessuale posta in essere dal padre nei confronti delle figlie minori.

Ma il ricorso non è stato accolto.

Invero, la Corte d’appello aveva già ampiamente esaminato il fatto, rilevando che i numerosi procedimenti giudiziari, incardinati sia in sede civile che penale, questi ultimi per le ipotesi di presunti abusi sessuali, si erano tutti conclusi con l’affermazione della totale infondatezza delle accuse mosse dalla moglie.
A tal proposito, erano state valorizzate le conclusioni cui era pervenuto il CTU, nominato dal giudice di primo grado, che aveva escluso la sussistenza di abusi, evidenziando al contrario, l’esistenza di un rapporto di affetto e di fiducia delle minori nei confronti del padre.
Nella motivazione della sentenza impugnata era anche emersa la valutazione dell’atteggiamento della madre che, “seppure scevro da intenti vendicativi nei confronti del marito, era apparso sostenuto da possibili difficoltà della donna nell’area della sessualità, a causa di una patologia mentale da definire quanto al tipo e all’intensità”.
La sentenza d’appello aveva inoltre, accertato sulla scorta dei precedenti giudiziari e della CTU espletata, che la donna con la sua condotta ispirata dall’ossessiva convinzione delle violenze perpetrate dal padre sulle figlie, aveva di fatto ostacolato o reso più difficili i rapporti tra il primo e le seconde.
Ebbene, anche sul punto i giudici della Suprema Corte sembrano condividere la decisione impugnata posto che la corte territoriale aveva adeguatamente rilevato che la donna aveva agito con colpa grave, essendo ella ben consapevole della infondatezza delle sue accuse, già escluse in diverse sedi giudiziarie, proponendo in tal modo, un giudizio di gravame assolutamente inutile, quanto inutili erano le sue richieste.
Per tutti questi motivi il ricorso è stato respinto e confermata la sanzione a carico della donna, in via definitiva.

La redazione giuridica

 
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