Il caso era scoppiato dopo che una troupe televisiva aveva documentato le condizioni in cui erano tenuti due elefanti

Colpevole per aver tenuto due elefanti in condizioni “incompatibili con le loro caratteristiche etologiche” in quanto legati con corte catene che ne limitavano i più elementari movimenti causando loro gravi sofferenze. E’ quanto disposto dal Tribunale di Milano nei confronti del gestore di un circo che veniva inoltre condannato al risarcimento del danno nei confronti della Lega Antivisezione, costituitasi parte civile nel procedimento. Il caso era scoppiato dopo che una nota trasmissione televisiva aveva denunciato lo stato in cui erano tenuti gli animali.
L’imputato, nel ricorrere in Cassazione evidenziava come la normativa di settore, pur stabilendo che l’uso delle catene per il contenimento degli elefanti deve essere evitato, permette tale pratica “nei casi in cui occorra provvedere ad esigenze di cura sanitaria e di benessere dell’animale, oltre che di sicurezza degli operatori e, comunque, per il solo periodo nel quale a tali incombenze si debba procedere”.
Il Tribunale, secondo il ricorrente, avrebbe inoltre fondato la propria decisione su di un video relativo a un accesso isolato effettuato da una troupe televisiva, ma non aveva tenuto conto che la veterinaria del circo aveva accertato la regolarità della struttura, mentre non i sarebbero state prove circa il superamento della soglia di sopportabilità per gli animali.
La Suprema Corte, tuttavia, con la sentenza n. 25805 del 22 giugno 2016, ha respinto il ricorso in quanto ritenuto inammissibile. Le osservazioni prodotte dal gestore del circo, infatti, si basavano su una visione alternativa dei fatti senza alcun riferimento critico alla sentenza impugnata.
Gli Ermellini hanno osservato che l’art. 727 del codice penale, relativo al reato di abbandono di animali, al secondo comma, stabilisce la pena (fino a un anno di reclusione o con ammenda da mille a diecimila euro) “per chi detiene animali in condizioni incompatibili con la loro natura e produttive di gravi sofferenze”. Tali condizioni vengono determinate dal patrimonio comune di esperienza, nel caso delle specie più note (ad esempio gli animali domestici), e dalle acquisizioni delle scienze naturali nei restanti casi.
Per i giudici del Palazzaccio nel caso in esame il Tribunale aveva correttamente evidenziato che la situazione nella quale gli elefanti erano stati trovati non era passeggera e contingente, né dettata dalla necessità di operare per la pulizia e la cura degli animali. Nell’immediatezza del servizio girato dalla troupe, infatti, gli addetti del circo non avevano richiamato esigenze contingenti, ma avevano affermato di essere convinti di poter mantenere gli animali legati con catene corte che ne impedivano i movimenti per l’orario notturno. La struttura stessa del circo era tale da rendere inverosimile che gli animali potessero essere tenuti in altro modo, per la mancanza di protezioni esterne che ne impedissero la fuga in orario notturno.
Inoltre, dopo l’intervento della trasmissione televisiva, i responsabili del circo avevano adottato una soluzione tecnica idonea a consentire il riposo in sicurezza degli animali all’interno di un recinto posto nella struttura, dove gli stessi erano finalmente liberi di muoversi.
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