Le Sezioni Unite della Cassazione hanno chiarito che ai fini del riconoscimento dell’ assegno di divorzio occorre adottare un criterio composito

All’ assegno di divorzio deve attribuirsi una funzione assistenziale e, in pari misura, compensativa e perequativa. Lo hanno stabilito le Sezioni Unite della Suprema Corte di Cassazione con la sentenza n. 18287/2018, risolvendo un contrasto di giurisprudenza.

Secondo quanto precisano gli Ermellini, “ai fini del riconoscimento dell’assegno, si deve adottare un criterio composito che, alla luce della valutazione comparativa delle rispettive condizioni economico-patrimoniali, dia particolare rilievo al contributo fornito dall’ex coniuge richiedente alla formazione del patrimonio comune e personale”. Il tutto “in relazione alla durata del matrimonio, alle potenzialità reddituali future ed all’età dell’avente diritto”.

In altri termini va valutata l’adeguatezza dei mezzi. Tale giudizio non deve limitarsi alla loro mancanza o insufficienza.

Esso deve tener conto di quello che si è contribuito a realizzare in funzione della vita familiare.
“Il parametro così indicato si fonda sui principi costituzionali di pari dignità e di solidarietà che permeano l’unione matrimoniale anche dopo lo scioglimento del vincolo”.

La sentenza sottolinea infine che il contributo fornito alla conduzione della vita familiare costituisce il frutto di decisioni comuni dei coniugi, libere e responsabili. Queste possono incidere anche profondamente sul profilo economico patrimoniale di ciascuno di essi dopo la fine dell’unione matrimoniale.
La Cassazione ha quindi confermato quanto statuito dalla cosiddetta sentenza Grilli: la funzione equilibratrice dell’assegno non è finalizzata a ricostruire il tenore di vita endoconiugale.

Tuttavia le Sezioni Unite hanno aggiunto un tassello in più. In particolare hanno chiarito che l’assegno è teso al riconoscimento del ruolo e del contributo fornito dall’ex coniuge economicamente più debole alla realizzazione della situazione comparativa successiva allo scioglimento del legame matrimoniale.

Infatti, “lo scioglimento del vincolo incide sullo status ma non cancella tutti gli effetti e le conseguenze delle scelte e delle modalità di realizzazione della vita familiare”.

 

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1 commento

  1. Matrimonio durato 40 anni, io ora ne ho 65 e mio marito 69. Separati nel febbraio 2012. Sposati nel 1973, 3 figli attualmente autosufficienti. percepisco attualmente euro 1524,00 ovviamente lordi da mio marito e dal 2015 una pensione da esodata di euro 800. Ho iniziato a lavorare nel 1994 fino al 2012 quando l’azienda ha chiuso e io avevo già 59 anni. Ovviamente non ho più trovato lavoro. Mio marito da dichiarazione dei redditi dichiara 120000,00 euro lordi sia da pensione che da varie consulenze. Vuole il divorzio e e non passarmi nessun assegno perchè la sua compagna non ha reddito, cosa non vera perchè con documentazioni varie lui le ha aperto una scuola di yoga nella taverna della mia ex casa coniugale con tariffario annesso. Ora, se io sono andata a lavorare a 41 anni è perchè ho allevato i nostri figli e fatto la casalinga per permettere a lui di fare carriera e di ottenere il benessere economico che ora condivide con la compagna. Sono in analisi da anni ma questo divorzio mi distrugge e mi toglie la voglia di combattere e di vivere

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