Rispetto al reato integrato dal mancato mantenimento da parte del genitore, non rileva se il minore si trovi o meno privo dei mezzi di sussistenza

Con la sentenza n. 27175/2018 la Corte di Cassazione si è pronunciata su un caso di mancato mantenimento da parte di un padre nei confronti della figlia minore.

L’uomo era stato condannato dal Tribunale a tre mesi di reclusione e 400 euro di multa ai sensi della legge n. 898/1970. L’art. 12 della disposizione, nello specifico, prevede l’applicazione delle pene previste dall’art. 570 c.p. “al coniuge che si sottrae all’obbligo di corresponsione dell’assegno dovuto”.

La decisione era stata confermata anche in appello. Nel ricorrere per cassazione il genitore lamentava, tra l’altro, violazione di legge in relazione all’art. 570 c.p., nonché vizio di motivazione nella sentenza impugnata.

La Corte territoriale, a suo dire, non avrebbe infatti, motivato in merito “all’effettivo stato di bisogno della minore”.

Tale condizione sarebbe stata desunta dal fatto che la madre era stata aiutata nella crescita della bambina dal nonno della stessa, mediante un contributo economico. Pertanto “si sarebbe valorizzato solo un presunto stato di bisogno, in realtà insussistente, attese le agiate condizioni economiche della madre della minore.”

Gli Ermellini, tuttavia, hanno ritenuto infondate le argomentazioni proposte, respingendo il ricorso in relazione a tale motivo di impugnazione.

Con riferimento alla violazione di legge la Cassazione ha sancito l’applicabilità dell’art. 570 bis c.p., introdotto dal dlgs n.21/2018, al caso esaminato.

Pur essendo stata introdotta successivamente ai fatti oggetto del giudizio, infatti, la norma si limita a riprodurre le previgenti disposizioni penali in materia ponendosi in continuità con queste ultime e lasciando inalterata la struttura del reato.

Ciò premesso la Suprema Corte ha chiarito che rispetto alla fattispecie di reato contestata, non rileva il tema relativo al se, per effetto dell’inadempimento, la minore si sia trovata priva dei mezzi di sussistenza e, più in generale, se essa versasse in uno stato di bisogno.

I Giudici peraltro non hanno rilevato difetti di congruità o correttezza logica nella sentenza impugnata. La Corte territoriale, attraverso un esame completo e approfondito delle risultanze processuali, era pervenuta alla sostanziale conferma della sentenza di primo grado. Nello specifico, lo stato di bisogno della minore era stato indirettamente confermato dalla necessità di intervenire in suo aiuto da parte del nonno materno. Un’argomentazione che i Giudici del Palazzaccio hanno ritenuto del tutto logica oltre che in linea con i consolidati orientamenti della giurisprudenza di legittimità in materia.

 

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