Archiviazione definitiva delle denunce per lesioni e abuso di ufficio presentate dai genitori di una bambina con autismo infantile

Non sono “sindacabili in sede penale” le “direttive ministeriali fondate sulle risultanze dei più recenti studi epidemiologici” che hanno escluso il nesso vaccino-autismo. Così la Corte di Cassazione in una recente sentenza con la quale è stata confermata l’archiviazione, pronunciata dal Gip di Milano lo scorso settembre, delle denunce per lesioni e abuso d’ufficio presentate dai genitori di una bimba con autismo infantile. Una condizione che, secondo il padre e la madre, si sarebbe sviluppata a causa delle vaccinazioni obbligatorie.

La Commissione medico ospedaliera di Milano, come riporta l’Ansa, aveva inizialmente accolto la richiesta di indennizzo per danni alla salute avanzata dalla famiglia. Era il febbraio del 2016. Nell’ottobre dello stesso anno, però, il provvedimento era stato revocato, dopo che l’organo si era adeguato “alle indicazioni provenienti dal Ministero della Salute”. Queste, sulla base dei più recenti studi escludevano il nesso tra vaccini e autismo. Da qui il ricorso dei genitori al Tribunale di Milano.

Secondo i Giudici Ermellini, tuttavia, il Giudice per le indagini preliminari ha correttamente archiviato le denunce.

Peraltro, quella per lesioni era anche tardiva “in quanto l’annullamento in autotutela del primo provvedimento era stato adottato in conformità alle direttive ministeriali, fondate sulle risultanze dei più recenti studi epidemiologici, quindi, nell’ambito di una valutazione discrezionale, di natura tecnica, non sindacabile in sede penale”.

Per la Cassazione altrettanto “correttamente” il magistrato “ha ritenuto che la base valutativa, costituita da dati scientifici, e l’allineamento agli stessi in sede di revisione del precedente giudizio espresso escludevano l’ingiustizia del danno”. Inoltre, “anche a voler ritenere sussistente una violazione di legge, mancava un qualsiasi indizio che potesse far prospettare che la pretesa condotta irregolare si inserisse in un contesto di obiettiva volontà di ‘abuso’, consistente nel voler intenzionalmente provocare un danno ingiusto”.

La Suprema Corte, con il verdetto n. 2983/2018, ha quindi dichiarato “inammissibili per manifesta infondatezza” i ricorsi presentati dai genitori. I Giudici del Palazzaccio, hanno inoltre ricordato che “in assenza di un reato è inutile parlare di pertinenza e rilevanza delle prove integrative a fronte di un decreto di archiviazione emesso ‘de plano’ dopo la presentazione di un’opposizione”.

 

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