In primo grado, il Giudice di Pace aveva accolto l’opposizione proposta da un conducente multato per eccesso di velocità, per aver circolato con il proprio veicolo alla velocità di 76 km/h, in violazione del limite di 50 km/h vigente su quel tratto di strada

Il tribunale di Firenze, in totale riforma della decisione di primo grado, aveva accolto il gravame del Comune, ritenendo corretta la qualificazione della strada in cui era stata rilevata l’infrazione, avendone le caratteristiche strutturali, con la conseguenza che il posizionamento di un autovelox fisso e la contestazione differita delle violazioni, avrebbero dovute considerarsi legittime.

La decisione del tribunale fiorentino non è stata confermata dai giudici della Cassazione (sentenza n.16221/2019/2019), chiamati a pronunciarsi sulla vicenda, a seguito di ricorso proposto dal conducente.

La questione giuridica

La questione controversa riguardava l’individuazione dei requisiti necessari che un percorso stradale deve presentare, ai fini indicati dall’art. 4 del decreto legge n. 121 del 2002, convertito dalla legge n. 168/2002.

Di recente la Seconda Sezione Civile della Cassazione (sentenza n. 4451/2019) è intervenuta sul tema, affermando che l’utilizzazione degli apparecchi di rilevazione elettronica della velocità (c.d. autovelox) nei centri urbani è consentita solo con le postazioni mobili alla presenza degli agenti accertatori di polizia, mentre le postazioni fisse e automatiche possono considerarsi legittimamente installabili solo sulle strade urbane a scorrimento, previa autorizzazione del Prefetto.

Ed invero, il sistema delineato dal codice della strada è improntato sulla regola della contestazione immediata delle infrazioni, ammettendo la contestazione differita esclusivamente quando la strada abbia determinate caratteristiche tecniche che rendono pericoloso ordinare l’arresto del mezzo per effettuare la contestazione immediata (con riferimento alla valutazione di molteplici fattori, tra i quali il tasso di incidentalità, le condizioni strutturali del piano viabile, del traffico e quelle afferenti alla salvaguardia della sicurezza nell’effettuazione dell’accertamento).

In particolare, il c.d.s. – con la previsione di cui all’art 201, comma 1-bis – ammette la possibilità di procedere alla contestazione  non immediata dell’infrazione al codice della strada mediante la postazione di un autovelox esclusivamente sulle autostrade, strade extraurbane principali, strade extraurbane secondarie e strade urbane di scorrimento, delineando nel contempo le caratteristiche minime che ciascuna delle stesse tipologie di strade devono presentare per potersi qualificare come tali (art. 2, commi 2 e 3, lett. a)c)ed f).

Le strade urbane “a scorrimento”

Nella specie, l’art. 2).comma 3, lettera d), c.d.s. individua i requisiti minimi per qualificare una strada quale “strada urbana a scorrimento”.

Il dettato normativo sancisce che per strada urbana di scorrimento si deve interidere una strada a carreggiate indipendenti o separate da spartitraffico, ciascuna con almeno due corsie di marcia, ed una eventuale corsia riservata ai mezzi pubblici, banchina pavimentata a destra e marciapiedi, con le eventuali intersezioni a raso semaforizzate; per la sosta sono previste apposite aree o fasce laterali esterne alla carreggiata, entrambe con immissioni ed uscite concentrate.

La relativa disciplina normativa integrativa di riferimento (specificamente ricompresa nell’art. 4 del d.l. 20 giugno 2002, n. 121, conv. dalla legge n. 168 del 2002) stabilisce, inoltre, che mentre nelle autostrade e strade extraurbane principali gli organi di polizia stradale possono utilizzare o installare dispositivi o mezzi tecnici di controllo del traffico – secondo le direttive fornite dal Ministero dell’Interno e sentito il Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, nel caso, invece, delle strade extraurbane secondarie e delle strade urbane a scorrimento è necessario un apposito provvedimento del Prefetto che autorizzi la relativa installazione o utilizzazione (avendo, infatti, tale autorità amministrativa il compito di selezionare le strade sulle quali procedere con il controllo a distanza).

Detto provvedimento prefettizio, reso allo scopo di consentire la possibilità di usare apparecchiature automatiche senza presidio per il rilevamento delle infrazioni relative al superamento dei limiti di velocità, deve essere adottato in presenza dei requisiti dettati dalla legge, non potendo il Prefetto fare riferimento, mediante una interpretazione estensiva, a criteri diversi da quelli previsti dal codice della strada.

Nel caso in esame, il ricorrente aveva:

  • per un verso, lamentato l’illegittimo inserimento della strada in questione, nell’elenco prefettizio in assenza del requisito della presenza di impianti semaforici ad ogni intersezione e di aree di sosta.così come descritte nella norma citata;
  • per altro verso, contestato il ritenuto accertamento dell’esistenza di una banchina in senso proprio.

«Entrambe le doglianze colgono nel segno»: quanto si legge nella sentenza in commento.

Quanto alla prima, il Tribunale fiorentino aveva ritenuto che l’intersezione a raso si configurasse non ogni qualvolta due strade si incrociano, ma solo quando vi sia una “un’area comune a più strade, organizzata in modo da consentire lo smistamento delle correnti di traffico dall’una all’altra di esse”

Ed invero, i giudici della Suprema Corte hanno affermato che “in ogni caso è necessario che l’esistenza delle caratteristiche minime per la configurazione di una strada urbana come “a scorrimento veloce” deve interessare tutta la strada considerata nella sua interezza e non solo il singolo tratto di essa, in prossimità del posizionamento dell’apparecchio fisso di rilevazione elettronica della velocità”.

Ciò significa, che ai fini della corretta verifica della legittimità del rilevamento a mezzo di dispositivi elettronici fissi (non implicanti l’obbligo di contestazione immediata), occorre procedere alla valutazione delle caratteristiche strutturali complessive della strada lungo la quale il rilevamento sia stato autorizzato dal Prefetto, non già quelle di un uno o più tratti della stessa strada.

Parimenti, era errata la sentenza impugnata con riferimento all’erronea valutazione circa l’esistenza di una banchina in senso proprio.

In tal senso il giudice di appello aveva elaborato un concetto di banchina non corrispondente a quello propriamente riconducibile alla suddetta previsione normativa, posto che “la striscia stradale ad essa riconducibile era ridotta, in alcuni punti, a dimensioni molto ristrette rispetto al marciapiedi e che, perciò, la stessa, non rispettava comunque una larghezza costante ed idonea alla sua funzione per tutto il percorso del viale in cui era stata rilevata la violazione”.

Rileva il collegio che, in effetti, “per banchina deve considerarsi uno spazio all’interno della sede stradale, esterno rispetto alla carreggiata, destinato al passaggio dei pedoni o alla sosta di emergenza; pertanto, essendo la banchina pavimentata elemento comune alle autostrade, alle strade extraurbane e alle strade urbane di scorrimento, essa, per sua natura, si identifica con uno spazio avente questa precipua attitudine e, dunque, oltre a dover restare libero da ingombri, deve avere una larghezza tale da consentire l’assolvimento effettivo delle predette funzioni, tenuto conto che anche la strada urbana di scorrimento è caratterizzata da un intenso flusso stradale veicolare ininterrotto per lunghi tratti e per la quale si profila, quindi, la medesima necessità di garantire l’esistenza di fasce laterali in cui poter effettuare una sosta di emergenza o un transito pedonale”.

La banchina fa, dunque, parte della struttura della strada e la sua relativa utilizzabilità, anche per sole manovre saltuarie di breve durata, comporta esigenze di sicurezza e prevenzione assimilabili a quelle che valgono per la carreggiata, in quanto anch’essa, deve suscitare negli utenti – per la sua apparenza esteriore un affidamento di consistenza e sicura transitabilità.

Da ciò deriva che una banchina di ridottissima larghezza – come quella esistente lungo il viale in cui era stata rilevata l’infrazione, non poteva certo considerarsi idonea a svolgere le predette funzioni né, in generale, presentava le caratteristiche imposte dal codice della strada.

La mancata conformazione a tali caratteristiche, essenziali, per la qualificazione di strada urbana come “strada di scorrimento” ha determinato la decisione di annullamento della sentenza impugnata con rinvio al giudice fiorentino per un nuovo esame di merito.

La redazione giuridica

Leggi anche:

MULTA PER ECCESSO DI VELOCITA’: LO STATO DI NECESSITA’ DEVE BASARSI SU DATI CONCRETI 

- Annuncio pubblicitario -

LASCIA UN COMMENTO O RACCONTACI LA TUA STORIA

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui