Lo stato di necessità invocato dal conducente multato per eccesso di velocità deve basarsi su dati concreti e che siano univocamente idonei a poter comportare un imminente pericolo di danno grave per un soggetto, non altrimenti ovviabile

La vicenda

Con ricorso presentato al Giudice di pace di Saluzzo, l’opponente contestava il verbale di infrazione elevato dalla Polstrada di Cuneo in ordine alla violazione dell’art. 142 C.d.S., comma 9, per aver superato di oltre 60 Km il prescritto limite di velocità massima.

A fondamento del ricorso, l’opponente deduceva di essere incorso nella predetta violazione amministrativa in stato di necessità (ancorché putativo), poiché, mentre conduceva il proprio autoveicolo sull’anzidetta autostrada, era stato raggiunto da una telefonata della moglie che lo aveva avvertito che la madre era stata colta da un malore improvviso e verosimilmente grave, ragion per cui aveva avvertito l’indispensabilità di arrivare quanto prima a casa, avendo la sua genitrice manifestato un’assoluta contrarietà ad essere condotta presso il pronto soccorso.

Il suddetto Giudice di pace rigettava l’opposizione; stesso esito in appello; cosicché l’opponente decideva di rivolgersi ai giudici della Cassazione.

“Lo stato di necessità” nella giurisprudenza della Suprema Corte

È risaputo che, con specifico riguardo alla scriminante dello “stato di necessità”, è indispensabile, ai fini della sua configurabilità che, in applicazione dei principi fissati dagli artt. 54 e 59 c.p., ricorra un’effettiva situazione di pericolo imminente di danno grave alla persona, non altrimenti evitabile, ovvero – quando si invochi detta esimente in senso putativo – l’erronea persuasione di trovarsi in tale situazione, provocata non da un mero stato d’animo, ma da circostanze concrete (oggettive) che la giustifichino (cfr., ad es., Cass. n. 3961/1989, Cass. n. 4710/1999, Cass. n. 18099/2005 e Cass. n. 14286/2010).

Ebbene, i giudici della Sesta Sezione Civile della Cassazione (sentenza n. 16155/2019) non hanno accolto il ricorso perché infondato.

In tal senso, in un caso assimilabile a quello in questione, la Suprema Corte (v. Cass. n. 287/2005) ha confermato la decisione di merito, con la quale era stata esclusa la configurazione di una situazione di pericolo, rilevante ai fini dello “stato di necessità”, in un caso in cui, in sede di opposizione al verbale della polizia stradale con il quale era stata contestata all’opponente la violazione di cui all’art. 142 C.d.S., comma 9, per aver superato, alla guida della propria autovettura, il limite di velocità consentito, il ricorrente aveva invocato lo stato di necessità, adducendo che, nel momento dell’accertamento della violazione, si stava recando con urgenza in ospedale, ove il proprio genitore era stato ricoverato in gravi condizioni, poiché il pericolo di danno grave alla persona del genitore avrebbe potuto essere evitato altrimenti con il ricovero ospedaliero o anche mediante l’intervento sul posto del pronto soccorso, senza che l’opponente avesse potuto fornire un contributo determinante al fine di scongiurare il paventato danno.

Ancor più di recente (cfr. Cass. n. 14286/2010, cit.) è stato asserito, sempre in tema di violazione al codice della strada prevista dall’art. 142, comma 9, che non vale ad escludere la responsabilità del conducente l’invocato stato di necessità dovuto all’esigenza di rispettare i tempi di una consultazione medica conseguente ad un malore lamentato da un passeggero, qualora non sia stato riscontrato l’imminente pericolo di vita del passeggero medesimo e l’impossibilità di provvedere diversamente alla salvezza di quest’ultimo.

La decisione

Ebbene, con riguardo al caso in esame, i giudici della Sesta Sezione hanno intesto riconfermare il principio di diritto – a cui si era peraltro, uniformato il Tribunale di Cuneo – sulla scorta del quale, “in tema di cause di giustificazione, l’allegazione da parte del contravventore dell’erronea supposizione della sussistenza dello stato di necessità deve basarsi non già su un mero criterio soggettivo, riferito, cioè, al solo stato d’animo dell’agente, bensì su dati di fatto concreti e che siano univocamente idonei a poter comportare un imminente pericolo di danno grave per un soggetto non altrimenti ovviabile, e, quindi, tali da giustificare l’erroneo convincimento in capo al trasgressore di trovarsi in tale stato”.

La redazione giuridica

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