Non è stata risarcita la donna caduta su un avvallamento del manto stradale completamente ricoperto da foglie secche e aghi di pino, non potendosi escludere che l’incidente fosse dipeso da una mera distrazione

La vicenda

L’esponente deduceva di essere caduta mentre percorreva il marciapiede antistante il passo carrabile di un condominio, a causa della sussistenza di un avvallamento non visibile in quanto pieno di aghi di pino e foglie secche .

Con atto di citazione a giudizio conveniva il comune e il citato condominio al fine di sentirli condannare al risarcimento delle lesioni fisiche riportate a seguito della caduta, ai sensi dell’art. 2051 c.c., o comunque del principio generale del neminem ledere, di cui all’art. 2043 c.c.

Si costituiva dinanzi al Tribunale di Livorno, il Comune il quale contestava la fondatezza della domanda attorea specificamente in  ordine all’an debeatur, posto che mancava la prova della dinamica dei fatti e dunque, del nesso di causalità tra la caduta della signora e le condizioni di manutenzione della strada. E in ogni caso, richiamando la concessione del passo carrabile sul tratto di strada contestato, al condominio negava la propria legittimazione passiva, per essere a carico del predetto edificio l’obbligo di manutenzione del relativo tratto di strada.

Parimenti si costituiva in giudizio il condominio il quale pure negava ogni responsabilità in ordine alla pretesa attorea. L’evento dannoso si era verificato unicamente a causa della condotta distratta della donna, la cui domanda era, peraltro, sfornita di prove.

Il processo di primo grado

Dopo aver ricordato le massime giurisprudenziali esistenti in ordine alla responsabilità da cose in custodia il giudice di primo grado ha rigettato la domanda risarcitoria.

«In via generale – ha affermato il giudice toscano – occorre rilevare che rappresenta onere di colui che agisce per ottenere il risarcimento del danno, fornire la prova del verificarsi dell’evento dannoso e del suo rapporto di causalità materiale con la condotta o l’attività della parte convenuta, ovvero, secondo i casi, con la cosa. La prova del fatto e del nesso causale non può mai mancare, per gli effetti di cui all’art. 2967 c.c., quale che sia la specifica ipotesi di responsabilità invocata dalla parte attrice e delineata sul piano giuridico ».

Ciò posto, nel caso in esame, alcuni testimoni avevano riferito di aver assistito alla caduta della signora sul marciapiede antistante il condominio; avevano altresì confermato la presenza dell’avvallamento su quel tratto di strada, “parzialmente nascosto da foglie secche e aghi di pino”.

Ad ogni modo per il Tribunale di Livorno, il tenore di quelle dichiarazioni non consentiva di attestare la sussistenza del nesso causale tra la sussistenza del predetto avvallamento e la caduta del pedone.

Non risultavano, infatti, meglio specificate le caratteristiche dei luoghi ove il sinistro si era verificato, né tanto meno l’ampiezza e la profondità dell’avvallamento. Dalle fotografie prodotte in giudizio era possibile intravedere un modesto abbassamento del livello del marciapiede, “certo tale da non poter determinare all’incastrarsi del piede, e comunque di ampiezza non rilevante”.

Le caratteristiche del luogo dell’incidente non consentivano dunque, di accertare con certezza che il fatto dannoso si fosse verificato proprio a causa dell’anomalia della strada, “in presenza di un’anomalia di modesta entità, tale da non presentarsi come situazione di pericolosità obiettiva idonea a rendere molto probabile, se non inevitabile, il danno”.

La diligenza media del pedone

«Invero, il transito sulla pubblica via richiede, in ogni caso, all’utente una condotta accorta; se è vero che l’ente proprietario di una strada aperto al pubblico transito ha l’obbligo di provvedere alla relativa manutenzione, nonché di prevenire e, se del caso, segnalare qualsiasi situazione di pericolo o di insidia inerente», nel caso di specie per il giudice toscano era stato proprio il comportamento dell’attrice, a fronte del modesto dislivello descritto, ad incidente sul dinamismo causale del danno (integrando gli estremi del caso fortuito rilevante a norma dell’art. 2051 c.c.), sino ad interrompere il nesso eziologico tra la condotta e l’evento.

In tali casi, ricade sul danneggiato l’onere di provare, soprattutto se a conoscenza dello stato dei luoghi, di aver prestato la dovuta attenzione nell’uso della cosa, in applicazione del principio secondo “cui la cosa intrinsecamente pericolosa può assumere tanto minore efficienza causale dell’evento quanto più il possibile pericolo è suscettibile di essere previsto e superato attraverso l’adozione delle normali cautele da parte dello stesso danneggiato” (Cass. n. 24793/2013).

Ebbene, tale prova non era stata fornita dalla parte attrice; al contrario ella stessa aveva dichiarato che il suddetto dislivello fosse ricolmo di foglie e aghi di pino; dovendo in tal caso, adottare maggiore prudenza.

Per tali motivi, l’azione risarcitoria è stata rigettata anche sotto il profilo della responsabilità aquiliana non potendosi escludere che il fatto dannoso fosse dipeso da una mera distrazione della danneggiata nell’attraversare la strada.

La redazione giuridica

Leggi anche:

UN TOMBINO PROVOCA LA CADUTA DI UNA SIGNORA: COMUNE DI AMALFI “ASSOLTO”

- Annuncio pubblicitario -

LASCIA UN COMMENTO O RACCONTACI LA TUA STORIA

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui