Due medici erano già stati condannati per il caso della bimba lasciata morire disidratata. Le sette infermiere imputate salvate dalla prescrizione

Aveva solo 14 mesi Rachel Odiase, la bimba lasciata morire disidratata a causa di una gastroenterite all’ospedale di Cernusco sul Naviglio, ormai più di sette anni fa.
Ebbene, per questa morte assurda era già arrivata la condanna per due medici, ma ora arriva la notizia della prescrizione del reato per le sette infermiere accusate.
Tutte erano accusate di non aver mosso un dito per impedire che la piccola Rachel, bimba nigeriana di appena 14 mesi, morisse disidratata per una banale gastroenterite.

In tribunale le assistenti sanitarie erano state tutte condannate a un anno di reclusione per omicidio colposo.

I giudici, però, hanno deciso servisse una nuova perizia medico legale sulla morte della bimba lasciata morire disidratata.
Una decisione cui la sostituta pg Lucilla Tontodonati si era opposta con forza.
Tontodonati sosteneva che di consulenze ce n’erano a sufficienza.
Ma la Corte non si è fatta convincere, segnando di fatto la chiusura del processo per scadenza del tempo.
Ed è arrivata così la prescrizione per le sette infermiere.
“Se la bambina fosse stata a casa sua sarebbe ancora viva” scrisse nelle motivazioni della condanna di primo grado il giudice Olindo Canali.

“Se solo una delle infermiere professionali avesse ottemperato agli obblighi giuridici propri nei confronti della piccola – concluse – Rachel sarebbe ancora in vita”.

Accuse gravissime che denotavano pesanti responsabilità in quanto accaduto la sera del 2 marzo del 2010. Quel giorno, Tommy Odiase, il papà della bimba, arrivò a chiamare i carabinieri perché i medici del Sant’Uboldo non volevano nemmeno ricoverare la piccola.
Da quel momento in poi nessuno si preoccupò della sua lenta disidratazione che, come appurato ampiamente dai periti medico-legali, fu la sola causa di morte della bambina.
La mamma Linda chiese ripetutamente che qualcuno facesse qualcosa per lei, ma all’alba del 5 marzo, dopo una flebo fatta la sera del 4, Rachel morì.
Il medico B. R., condannata in primo grado a 4 anni per omicidio colposo, ha visto ridotta in appello la pena a un solo anno, ormai definitivo. Il suo collega G.D. ha incassato un anno e mezzo, mentre la dottoressa M.A. è stata assolta definitivamente.
Quanto alle infermiere, il reato oggi è prescritto.

Una vicenda, quella della bimba nigeriana morta per disidratazione in ospedale, che scandalizzò l’opinione pubblica anche per sospetti di razzismo, mai provati.

Anche la politica si è occupata della vicenda, con la presentazione di un’interpellanza parlamentare.
A carico delle infermiere c’era non solo “la grave mancanza di interlocuzione con i medici”, ma anche il “mancato adempimento di specifici doveri di monitoraggio, di verifica, di controllo delle condizioni di Rachel”.
Dalla “mancata registrazione – e quindi comparazione – della quantità di liquidi ingeriti e dei liquidi persi (…) alla frammentaria annotazione delle scariche diarroiche, dal mancato monitoraggio della temperatura corporea all’omessa misura del peso corporeo”.
Ma, sulla morte di questa bambina e sull’accertamento delle responsabilità di chi l’ha causata, è stata scritta ora la parola fine.
 
 
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