Intervista alla prof.ssa Carolina Ciacci, docente di Gastroenterologia dell’Università di Salerno

È in aumento il numero di persone celiache e di quelle che si dichiarano intolleranti al glutine. Esistono però delle precise differenze tra i due gruppi e sembrerebbe che altre sostanze presenti del grano possano far sviluppare intolleranze. Responsabile Civile si è rivolto alla professoressa Carolina Ciacci, docente di Gastroenterologia dell’Università di Salerno per fare chiarezza sull’argomento.

Professoressa, quando parliamo di celiachia di cosa parliamo?

È una malattia autoimmunitaria che può manifestarsi solo in persone che sono geneticamente predisposte e solo in presenza del glutine. Il glutine è una proteina contenuta nel frumento e in altri cereali,  per esempio il farro e l’orzo. Quando queste persone predisposte mangiano glutine possono sviluppare la malattia che può avere sintomi gastrointestinali oppure no. Per esempio si può manifestare con la sola anemia, l’osteoporosi o l’infertilità. Quindi avere sintomi gastrointestinali non significa né avere la celiachia né viceversa che la celiachia sia una malattia del sistema gastrointestinale perché appunto è una malattia multi-sistemica, che interessa più organi e più apparati. Il perché in  qualcuno si manifestino i sintomi gastrointestinali e ad altri no non è chiaro, e supponiamo che  fattori genetici o ambientali giochino un ruolo nella comparsa della malattia.  Anche il perché qualcuno sviluppi la malattia già allo svezzamento e altri in una fase successiva,  pur avendo la stessa predisposizione genetica,  per il momento non ci è noto. Per ora sappiamo però che alcuni geni combinati fra loro sembrano dare una maggiore predisposizione alla malattia.

E’ una malattia che esiste da sempre?

Per quanto ne sappiamo è una malattia che esiste da sempre. Sicuramente il suo legame con il frumento è noto già dalla II guerra mondiale. All’inizio si pensava fosse una malattia dello svezzamento che si riconosceva per la comparsa di sintomi  gastrointestinali.   Si credeva allora  che passasse con la maturazione del sistema immunitario e quindi con la crescita del bambino.  Allora si  sospendeva la somministrazione del glutine per qualche anno e poi, dopo i 3 anni, si reintroduceva. Alcuni soggetti rimanevano asintomatici, mentre altri manifestavano nuovamente disturbi gastrointestinali. Oggi sappiamo che, se la diagnosi era esatta anche le persone asintomatiche in realtà erano affette da celiachia.  Non è possibile infatti che la malattia regredisca, ma è però possibile che dopo un periodo di dieta essa  rimanga silente.

All’inizio degli anni ’90 abbiamo iniziato ad avere dei buoni marcatori per la malattia, delle sostanze nel sangue, anticorpi, che permettono  la diagnosi. Abbiamo anche capito che molto spesso la malattia è poco sintomatica e dunque molte persone non sanno neppure di averla.

Sembra però un fenomeno in aumento. Questo lo hanno dimostrato alcuni studi che hanno verificato la prevalenza della malattia testando il siero di  militari conservato sin dagli anni ’50 e poi nei decenni a seguire. In queste sieroteche si è visto che la prevalenza di malattia andava più o meno aumentando nel tempo fino ad arrivare alla prevalenza che c’è adesso delle persone malate che è intorno all’1%.

La celiachia è una malattia che è circa tre volte  più frequente nelle donne che negli uomini, e non abbiamo  una spiegazione scientifica per questo. Bisogna dire però che le donne si controllano molto di più (per motivi ginecologici, gravidanze ecc) e più facilmente arrivano alla diagnosi e che la celiachia è una malattia autoimmune, e tipicamente le malattie autoimmuni colpiscono più di frequente il sesso femminile.  Naturalmente un fattore ambientale non si esclude, per esempio, noi tutti in Occidente consumiamo molto più glutine che 50 anni fa.

Quali sono le conseguenze della celiachia non curata?

L’infiammazione intestinale causata dell’assunzione di glutine a lungo termine  espone a varie complicanze. La più temibile di tutte è la patologia tumorale, in particolare un tumore del sistema immunologico che si chiama linfoma che ha un’incidenza più elevata sui celiaci non curati. Tra gli altri effetti collaterali della celiachia non curata, meno gravi sicuramente ma comunque invalidanti, ci sono l’anemia,  l’astenia, la mancanza di concentrazione e di vitalità, la depressione, l’atteggiamento rinunciatario e l’ansia. L’unica cura è la dieta senza glutine e deve essere rigorosa. È molto importante che il celiaco faccia una dieta rigorosamente senza glutine, al meglio delle sue possibilità, cercando anche  di limitare il più possibile le contaminazioni.

Parliamo ora dell’intolleranza/allergia al glutine e altre sostanze contenente nel grano. Di che cosa si tratta?

A parte la celiachia esiste l’allergia al grano che è una patologia piuttosto rara, proprio come c’è l’allergia alle nocciole, alle fragole ecc. Più frequentemente oggi stiamo guardando a un fenomeno “di moda” che è quello di fare una dieta senza glutine perché ci si sente meglio. In realtà molti studi hanno evidenziato che  però quando queste persone  partecipano a studi controllati, nei quali viene loro somministrato glutine oppure placebo (cioè una capsula o un cibo simile ma non contenente glutine) ben poche di loro rispondono alla somministrazione del glutine con i sintomi. Queste sono  persone intolleranti solo al glutine. Per il resto, non abbiamo tutti gli elementi per una diagnosi precisa. Altre proteine del grano, ad esempio, potrebbero dare sintomi gastrointestinali. Oppure è l’effetto della ‘dieta’. Quando uno fa una dieta senza glutine in realtà mangia più spesso a casa ed elimina tutti quegli “snack” e fuori pasto che si concedeva prima. È possibile perciò che ne derivi, ad esempio, perdita di peso e quindi un benessere generalizzato. Poi c’è un altro effetto che è stato studiato a fondo proprio nel rilevare la sensibilità al glutine che non è celiachia, ed è l’effetto nocebo. Questo effetto è molto comune e potremmo riconoscerlo in tutti noi. Ad esempio, se io penso che il glutine mi fa male, ogni sintomo che io posso avere nelle ore dopo che io l’ho mangiato sarà imputabile al glutine. Per cui se uno pensa che una cosa gli farà male ci sono molte probabilità che gli farà male davvero. È un po’ il contrario dell’effetto placebo. Ancora non sappiamo bene come identificare questi veri intolleranti al glutine che non sono celiaci. Non esiste ancora la possibilità di fare analisi del sangue che li identifichino, come facciamo oggi per la celiachia. Viviamo in questo momento una strana condizione. I medici e i ricercatori sono un po’ lontani dal capire che cos’è  l’intolleranza al glutine di tipo non celiacoma. L’industria del senza glutine ha fatto molto prima di noi, creando un vero e proprio mercato fondato su una sorta di allarmismo amplificato da spot pubblicitari che inducono all’acquisto di questi prodotti suggerendo che facciano bene in ogni caso. Con questi pazienti, siamo di fronte a diete talmente restrittive che creano problemi nutrizionali. Addirittura, uno studio americano riporta che molti atleti olimpici attuano diete gluten free senza essere celiaci, perchè convinti che la loro performance sportiva ne tragga dei benefici, il che non è affatto dimostrato. Ora il senza glutine è diventato un cibo prezioso. È un business che sta facendo numeri da capogiro. Attualmente  sembra che in Europa dal 6 al 10% della popolazione mangi senza glutine, convinta che la dieta sia più leggera e più digeribile. Tuttavia, recenti studi dimostrano che molte altre proteine del grano e di altri vegetali possono favorire l’insorgenza di sintomi.

Insomma, c’è troppo allarmismo riguardo alle intolleranze alimentari e il messaggio più importante da dare è che è meglio rivolgersi ad uno specialista prima di iniziare dieta senza glutine  Così si potranno fare le analisi più appropriate per accertarsi se ci sia una celiachia, cosa che non si può più fare dopo l’inizio della dieta senza glutine.   Ma abbiamo bisogno anche che la ricerca chiarisca meglio cosa succede quando i sintomi sono legati al grano,  eppure la celiachia non c’è. Un buon consiglio comunque è quello di controllare meglio la nostra alimentazione. La verità di fondo è che forse mangiamo troppo per quante poche calorie consumiamo ogni giorno!

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