I centri sociali che sorgono su edifici occupati non possono essere sequestrati se il proprietario dello stabile è acquiescente all’occupazione abusiva

Con la sentenza n. 38483/2018, la Corte di Cassazione ha “salvato” i centri sociali che sorgono su edifici occupati.

In sostanza, secondo gli Ermellini, la circostanza in cui i centri sociali sorgano su un edificio occupato non è di per sé tale da giustificarne il sequestro.

Infatti, se il proprietario dello stabile è acquiescente all’occupazione, pur tacitamente, e ingenera così il convincimento della legittimità dell’occupazione, lo sgombero non è legittimo.

La vicenda

Partendo da tale importante assunto, la Cassazione nel caso di specie ha rigettato la richiesta di sequestro del centro sociale “Tempo Rosso”.

Quest’ultimo, che da anni combatte, nel casertano, l’inquinamento della “terra dei fuochi”, aveva subito diverse minacce di sgombero.

Ebbene, la sentenza che lo ha salvato, ha confermato quanto già deciso dal Giudice delle indagini preliminari prima e dal Tribunale di Santa Maria Capua Vetere poi.

Il reato astrattamente configurabile e contestato nel caso di specie era appunto l’invasione di terreni o edifici.

Un reato specificamente previsto e sanzionato dall’articolo 633 del codice penale.

Questa norma, in particolare, punisce a querela chiunque invada arbitrariamente terreni o edifici altrui, pubblici o privati, al fine di occuparli o di trarne altrimenti profitto.

Come noto, la pena prevista per questo reato è la reclusione fino a due anni o la multa da 103 a milletrentadue euro.

Il tutto con applicazione congiunta (e procedibilità d’ufficio) se il fatto è commesso da più di cinque persone, di cui almeno una palesemente armata. Oppure da più di dieci persone, anche senza armi.

Nel caso di specie, tuttavia, l’edificio occupato era di proprietà del Comune.

Questo, però, aveva prestato acquiescenza alla supposta occupazione abusiva per un lungo periodo di tempo, di circa venti anni.

In questo modo, il proprietario dell’immobile aveva quindi ingenerato negli indagati il convincimento della legittimità dell’occupazione, suffragato anche da atti positivi come il pagamento del corrispettivo per il consumo di energia elettrica.

Alla luce di quanto esposto, per la Corte di Cassazione è da escludersi, come fatto dal Tribunale, la sussistenza del fumus del reato sotto il profilo inerente all’elemento soggettivo dello stesso.

Pertanto, anche dinanzi ai giudici di legittimità è caduto nel nulla il tentativo del pubblico ministero di far ammettere il sequestro preventivo del centro sociale.

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