Respinta la domanda di mantenimento richiesta dall’ex coniuge a seguito della separazione giudiziale, dall’ex marito, perché da anni impiegata in nero come collaboratrice domestica

Con ricorso presentato presso il Tribunale di Catania la ricorrente chiedeva pronunciarsi la separazione con addebito a carico del marito.

La donna esponeva di essersi sposata nel 2010, dal matrimonio non erano nati figli; i due tuttavia, si erano trasferiti a Ferrara presso l’alloggio del servizio del corpo Forestale ove il marito svolgeva le mansioni di ispettore superiore. Questi – a sua detta – le aveva sempre impedito di lavorare e, a seguito di un forte litigio dovuto alla scoperta di una relazione di amicizia intrattenuta con un altro uomo conosciuto in chat, ella era stata costretta ad abbandonare il domicilio; per poi di li a poco, essere accolta nuovamente in casa ma costretta a subire insulti e comportamenti aggressivi e violenti da parte del marito.

Chiedeva pertanto, oltre alla pronuncia della separazione anche la previsione di un assegno di mantenimento in suo favore, che tenesse conto del tenore di vita avuto in costanza di matrimonio.

L’opposizione del marito

Instauratosi il contraddittorio, si costituiva in giudizio l’uomo, il quale al contrario, chiedeva che la separazione fosse addebitata integralmente alla moglie a causa della sua relazione extraconiugale.

In ordine alle statuizioni economiche, contestava la circostanza che la moglie non avesse mai lavorato, deducendo al riguardo, che ella avesse svolto attività di badante, collaboratrice domestica e donna di fiducia di una facoltosa famiglia fino al 2013.

Il Tribunale di Catania ha accolto le eccezioni del marito in ordine all’addebito della separazione. Ed invero, non vi erano dubbi che la donna avesse violato l’obbligo di fedeltà coniugale, intrattenendo una relazione adulterina con un altro uomo. Tanto era emerso non soltanto dal tenore dei messaggi prodotti in giudizio, ma altresì dalle dichiarazioni dell’ex coniuge di quest’ultimo.

È principio pacifico in giurisprudenza che “l’esistenza di una stabile relazione extraconiugale –come nel caso di specie – rappresenti una violazione particolarmente grave dell’obbligo della fedeltà coniugale, che, determinando normalmente l’intollerabilità della prosecuzione della convivenza, deve ritenersi di regola causa della separazione personale dei coniugi e quindi, circostanza sufficiente a giustificare l’addebito della separazione al coniuge che ne è responsabile, sempre che non si constati la mancanza di nesso causale tra infedeltà e crisi coniugale, mediante un accertamento rigoroso e una valutazione complessiva del comportamento di entrambi i coniugi, da cui risulti la preesistenza di una crisi già irrimediabilmente in atto in un contesto caratterizzato da una convivenza meramente formale”. (Cass. n. 25618/2007; n. 8512/2006; n. 13747/2003).

Diversamente il giudice di primo grado non ha ritenuto provati i presunti comportamenti aggressivi e violenti da parte del marito.

È noto che “in tema di separazione personale dei coniugi, la pronuncia di addebito richiesta dal coniuge per le violazioni perpetrate dall’altro non è esclusa qualora risulti provato un unico episodio di percosse, trattandosi di comportamento idoneo comunque a sconvolgere definitivamente l’equilibrio relazionale della coppia, poiché lesivo della pari dignità di ogni ricorrente a supporto della propria domanda – da cui desumere la violazione dei doveri di collaborazione e di assistenza morale e materiale”.

Nel caso di specie, gli elementi probatori offerti dalla ricorrente a supporto della sa domanda erano rappresentati unicamente da una querela e da certificazione medica.

Ebbene, esclusa la valenza probatoria della querela (quale atto di provenienza unilaterale), la documentazione medica non provava minimamente le lesioni e/o subite.

L’addebito della separazione

In ordine alle statuizioni economiche il Tribunale di Catania partendo dai principi di diritto ripetutamente affermati dalla Suprema Corte ha respinto la domanda formulata dalla ricorrente.

“Ai fini del riconoscimento del diritto al mantenimento, in favore del coniuge cui non sia addebitabile la separazione, è necessario che questo sia privo di redditi che gli consentano di mantenere un tenore di vita analogo a quello goduto in costanza di matrimonio e che sussista una disparità economica fra i due coniugi. Al fine del relativo apprezzamento, da un lato vanno prese in considerazione le complessive situazioni patrimoniali dei soggetti –complessive non solo dei redditi in senso stretto, ma anche dei cespiti di cui essi abbiano il diretto godimento e di ogni altra utilità suscettibile di valutazione economica – e dall’altro lato, non è necessaria la determinazione dell’esatto importo dei redditi percepiti, attraverso l’acquisizione di dati numerici, ma è sufficiente un’attendibile ricostruzione delle suddette situazioni complessive, nel rapporto delle quali risulti consentita l’erogazione, dall’uno all’altro coniuge di una somma corrispondente alle sue esigenze”.

Al riguardo la giurisprudenza ha avvertito che l’attitudine al lavoro assume rilievo solo se venga riscontrata non in termini di mere valutazioni ipotetiche ed astratte a di effettiva possibilità di svolgimento di un’attività lavorativa retribuita, in considerazione di ogni concreto fattore individuale e ambientale.

E pertanto, se è vero che l’onere della prova del diritto al mantenimento spetta in via generale a chi lo chiede, è tuttavia possibile per il giudice ricorrere a presunzioni e quindi, valutare le effettive capacità del soggetto di inserirsi nel mondo del lavoro avendo presenti le reali condizioni del mercato, anche alla luce dell’età del grado di istruzione e delle pregresse esperienze lavorative.

Nel caso in esame la ricorrente, aveva genericamente dedotto di non riuscire a trovare lavoro, al contrario il marito aveva affermato che la predetta svolgesse attività lavorativa in nero come collaboratrice domestica di una famiglia tedesca.

Tanto è bastato al giudice siciliano per respingere la sua istanza di mantenimento.

La redazione giuridica

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