Con la sentenza n. 567/2019 la Corte di Cassazione ha duramente respinto le censure mosse da una conducente multata per essere passata col semaforo giallo, affermando che è inutile presentare in Cassazione censure che attengono al merito, sol perché le valutazioni delle accertate circostanze di fatto, operate dal giudice di secondo grado, non collimano con le proprie aspettative

Il caso

Violazione della segnaletica stradale ai sensi dell’art. 146 co. 6 del CdS: questa era la contestazione notificata ad una conducente multata per aver proseguito la marcia nonostante la segnaletica del semaforo fosse di colore giallo.

Avverso detto verbale, la stessa proponeva ricorso davanti al Giudice di Pace territorialmente competente, sostenendo che la durata di proiezione della luce semaforica gialla fosse stata di tale brevità da non consentirle l’arresto in sicurezza del veicolo, all’apparire della luce rossa.

Nonostante i motivi a difesa, sia il primo che il secondo grado di giudizio si concludevano in senso negativo per la conducente: entrambi i giudici, non avevano ritenute provate le sue asserzioni.

Nella specie, il Tribunale di Bologna, in qualità di giudice di secondo grado, aveva ritenuto la mancanza di riscontro di prova circa l’effettiva insufficiente durata semaforica che innescava la violazione contestata. Precisava, altresì, che il Codice della Strada non dispone nulla circa una durata determinata per la proiezione delle segnalazioni semaforiche luminose.

Peraltro, grazie ai tre fotogrammi costituenti il compendio probatorio del giudizio, era stato possibile accertare che la luce rossa del semaforo era già scattata ancor prima che il veicolo attraversasse la linea semaforica. “Considerato, inoltre, che la luce rossa era stata preceduta anche dalla luce gialla in corrispondenza della quale il conducente è tenuto a rallentare e a predisporre il veicolo all’arresto deve ritenersi che il conducente abbia avuto il tempo necessario per effettuare l’arresto del veicolo in sicurezza (…)”.

Il ragionamento del Tribunale ordinario, non fa una piega.

Anche i giudici della Cassazione sono del parere che la sentenza impugnata sia logica e razionale sotto il profilo del ragionamento posto a base della motivazione.

Peraltro, aggiungono gli Ermellini, “il compito di valutare le prove e di controllarne l’attendibilità e la concludenza – nonché di individuare le fonti del proprio convincimento scegliendo tra le complessive risultanze del processo quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti – spetta in via esclusiva al giudice di merito; di conseguenza la deduzione con il ricorso per Cassazione di un vizio di motivazione della sentenza impugnata per omessa, errata valutazione delle prove, non conferisce al giudice di legittimità il potere di riesaminare il merito dell’intera vicenda processuale sottoposta al suo vaglio, bensì la sola facoltà di controllo, sotto il profilo della correttezza giuridica e della coerenza logico-formale, delle argomentazioni svolte dal giudice di merito”.

… ne può il ricorrente pretendere il riesame del merito sol perché la valutazione delle accertate circostanze di fatto, come operata dal giudice di secondo grado, non collima con le loro aspettative.

Dura sentenza quella della Corte di Cassazione che in tal senso ha concluso rigettando in via definitiva il ricorso della conducente multata.

La redazione giuridica

 

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