Prometteva la guarigione l’ex medico condannato a 5 anni e 6 mesi che curava il cancro col bicarbonato. Un 27enne morì nel 2012 dopo la sua ‘cura’

È stato condannato dal Tribunale di Roma a 5 anni e sei mesi l’ex medico Tullio Simoncini, che curava il cancro col bicarbonato. L’uomo era già stato radiato dall’ordine dei medici nel 2006, dopodiché si era trasferito in Albania, a Tirana, dove aveva continuato a esercitare.

Simoncini è accusato di omicidio colposo ed esercizio abusivo della professione medica per aver sottoposto a una cura medica antitumorale a base di bicarbonato di sodio Luca Ernesto Olivotto. Il giovane, 27 anni di Catania, si era sottoposto alla sua sedicente “cura” per un tumore al cervello. Morendo però poco dopo per una gravissima alcalosi metabolica.

Ma ecco i fatti.

Tutto ha inizio nel 2012, quando Olivotto scopre di avere una gravissima forma di tumore al cervello.

Il giovane, anziché rivolgersi all’ospedale, come prima cosa ha iniziato a cercare su internet la soluzione alla sua grave patologia.

È stato così che è incappato, suo malgrado, nel ‘metodo’ Simoncini. L’ex medico che curava il cancro col bicarbonato, infatti, basava la sua terapia su somministrazioni di bicarbonato di sodio.

Olivotto si convince che sia la scelta migliore e Simoncini naturalmente conferma questa sua convinzione. Prospetta l’illusione della guarigione grazie a una percentuale ben precisa.

“Il 70 per cento delle volte ci si salva, e i rischi sono minimi”, gli dirà l’ex medico.

A quel punto il giovane si reca a Tirana, in Albania, per ricoverarsi in ospedale.

Ma subito dopo le prime somministrazioni di bicarbonato Luca viene trasportato d’urgenza in ospedale: le condizioni sanitarie sono disperate e il ragazzo muore.

Insieme con l’ex medico che curava il cancro col bicarbonato, è stato condannato a due anni dal giudice anche il radiologo Roberto Gandini (con pena sospesa).

Questi, secondo l’accusa, “avrebbe partecipato al trattamento basato su dosi di bicarbonato di sodio somministrate per via venosa”.

“Nessuno potrà restituire Luca ai suoi cari – hanno commentato Francesco Lauri e Giovanna Zavota, parte civile per conto della famiglia Olivotto – ma è grande la soddisfazione di veder condannati in maniera così dura personaggi che, con le loro condotte, infangano la professionalità di quanti ogni giorno dedicano con competenza e abnegazione la loro vita alla cura dei propri pazienti”.

 

 

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