Excursus sugli artt. 138 e 139 cod. ass.: il danno non patrimoniale nelle sue varie componenti, ossia danno biologico, esistenziale e morale  

Il danno non patrimoniale è un grosso “calderone” omnicomprensivo del danno biologico, morale ed esistenziale e tali fattispecie sono sempre al centro dell’attenzione del legislatore. Vediamo come.

  1. Gli artt. 138 e 139 cod. ass. come modificati dalla legge n. 124/2017

Gli artt. 138 e 139 del d. lgs. n. 209/2005 (cod. ass.), nella parte che qui rileva, risultano così modificati dalla legge n. 124/2017:

Art. 138 ( il danno non patrimoniale per lesioni di non lieve entità):

Comma 2e): «Al fine di considerare la componente del danno morale da lesione all’integrità fisica, la quota corrispondente al danno biologico stabilito in applicazione dei criteri di cui alle lettere da a) a d) è incrementato in via percentuale e progressiva per punto, individuando la percentuale di aumento di tali valori per la personalizzazione complessiva della liquidazione …».

Comma 3): «Qualora la menomazione accertata incida in maniera rilevante su specifici aspetti dinamico-relazionali personali documentati e obiettivamente accertati, l’ammontare del risarcimento del danno, calcolato secondo quanto previsto dalla tabella unica nazionale di cui al comma 2, può essere aumentato dal Giudice, con equo e motivato apprezzamento delle condizioni soggettive del danneggiato, fino al 30%».

Art. 139 ( il danno non patrimoniale per lesioni di lieve entità):

Comma 1 b): «In ogni caso, le lesioni di lieve entità, che non siano suscettibili di accertamento clinico strumentale obiettivo, ovvero visivo, con riferimento alle lesioni, quali le cicatrici, oggettivamente riscontrabili senza l’ausilio di strumentazione, non possono dar luogo al risarcimento per danno biologico permanente».

Comma 3): «Qualora la menomazione accertata incida in maniera rilevante su specifici aspetti dinamico-relazionali personali documentati e obiettivamente accertati ovvero causi o abbia causato una sofferenza psico-fisica di particolare intensità, l’ammontare del risarcimento del danno, calcolato secondo quanto previsto dalla tabella di cui al comma 4 può essere aumentato dal Giudice, con equo e motivato apprezzamento delle condizioni soggettive del danneggiato, fino al 20%. L’ammontare complessivo del risarcimento riconosciuto ai sensi del presente articolo è esaustivo del risarcimento del danno non patrimoniale conseguente a lesioni fisiche».

Comma 4): «Con decreto del Presidente della Repubblica … si provvede alla predisposizione di una specifica tabella delle menomazioni dell’integrità psico-fisica comprese tra 1 e 9 punti di invalidità».

Il Legislatore, dunque, manifestamente afferma che:

1)   Nelle invalidità permanenti di grado maggiore o uguale al dieci% va sempre considerata «la componente del danno morale»; e quella di danno esistenziale va riconosciuta purché la negativa incidenza su specifici aspetti dinamico-relazionali personali, obiettivati e documentati, sia riconosciuta come “rilevante”.

2a)  Le invalidità permanenti di grado pari o inferiore al nove%  non sono risarcite se le lesioni che ne sono all’origine non siano state oggetto di positivo accertamento clinico strumentale obiettivo, ovvero “visivo” con riferimento a quelle oggettivamente riscontrabili senza l’ausilio di strumentazioni (in argomento “metodo visivo”  volutamente qui non si torna, posto che il pensiero dello scrivente già è stato esposto in recente contributo su questa stessa Rivista).

2b)  Nelle invalidità permanenti di grado pari o inferiore al nove%, l’ammontare del risarcimento può essere aumentato non oltre il 20%, ove la menomazione abbia ricadute “rilevanti” a carattere esistenziale (documentate e obiettivate), ovvero abbia comportato sofferenza psico-fisica di “particolare intensità”.

Ne deriverebbe che mentre nei casi di cui al punto 1) la componente di danno morale va sempre liquidata, nei casi di cui al punto 2b) non lo è se non venga superata la soglia della “particolare intensità”. Fermo restando che in ambedue i casi la eventuale componente di danno esistenziale va riconosciuta solo laddove sia “rilevante” la negativa incidenza della stessa sulla vita della persona.

  1. Il danno biologico-base (standardizzato) e tutto ciò che compone il danno non patrimoniale

Fermo il valore “base” (standardizzato) del danno biologico temporaneo e permanente nelle tabelle sia medico-legali sia monetarie, la partita si gioca sulle altre componenti del danno non-patrimoniale verso le quali il Legislatore ha posto particolare attenzione.

Il quesito al CTU medico-legale, adottato non infrequentemente dal 2013 soprattutto presso gli Uffici Giudiziari milanesi, dietro proposta dell’Osservatorio della Giustizia Civile di Milano, prevede, fra l’altro, la valutazione tecnica, in scala da 1 a 5, del grado di sofferenza psico-fisica causalmente riconducibile al danno biologico sia temporaneo, sia permanente; e prevede precisazioni tecniche in ordine ad eventuale “rilevante” negativa incidenza di inabilità temporanea e invalidità permanente su specifici aspetti dinamico-relazionali personali, in considerazione delle dedotte condizioni soggettive del danneggiato.

In punto di danno esistenziale, pertanto, risulta che il Legislatore ha seguito la stessa linea dell’Osservatorio milanese, concedendo spazio risarcitorio ai soli casi di provata incidenza in misura “rilevante”. Va da sé, poi, che al consulente medico-legale compete di stabilire se sussista nesso causale fra il riscontrato danno-biologico-base e quanto lamentato dalla persona sul versante dinamico-relazionale; ovvero di stabilire se il riferimento eziologico sia piuttosto da porre con fattori diversi e indipendenti dall’evento lesivo de quo. Mentre spetta al Giudice, e non al medico-legale, esprimere valutazioni in ordine alla misura “rilevante” in discorso, perché diversamente egli potrebbe introdurre arbitrarie pregiudiziali nel processo: in altre parole, è necessario che il consulente, detto del nesso causale, lasci poi al Giudice di decidere della incidenza in “maniera rilevante” secondo legge.

Si osserva, poi, che per le lesioni di cui all’art. 139 cod. ass., all’incremento dell’ammontare risarcitorio fino ad un massimo del 20%, possono concorrere danno morale e danno esistenziale, come possono intervenire alternativamente l’uno o l’altro.

Ma a questo punto va ben sottolineato come non sia infrequente la casistica  peritale (soprattutto nel tema “responsabilità sanitaria” di cui alla l. n. 24/2017) caratterizzata da stabilizzazione della lesione in esiti micro-permanenti, peraltro dopo periodo di temporanea invalidità assai protratta, talora qualificabile come vero-Calvario. In tali fattispecie, il consulente medico-legale dovrà opportunamente porre in rilievo che il residuato danno biologico permanente è, per così dire, “poca cosa”; e che, peraltro, a monte dello stesso vi è stata invalidità temporanea contrassegnata da notevoli ricadute in termini di sofferenza psico-fisica ed impedimenti in attività dinamico-relazionali personali, così che il Giudicante possa più correttamente stimare il danno biologico temporaneo sul versante economico.

 

Avv. Benito De Siero

Foro di Santa Maria Capua Vetere

 

 

 

 

 

 

 

 

Leggi anche:

SEZIONI UNITE PENALI: LEGGE GELLI PEGGIO DELLA BALDUZZI PER IL MEDICO

 

 

- Annuncio pubblicitario -

LASCIA UN COMMENTO O RACCONTACI LA TUA STORIA

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui