Ancora una pronuncia della Cassazione in materia di delitti compiuti all’interno dell’ambiente familiare

Nel maggio 2018 la Corte di Appello di Milano aveva confermato la sentenza di primo grado che, all’esito di giudizio abbreviato, aveva condannato un uomo per il delitto di maltrattamenti in famiglia ai danni della ex convivente.
Ma per la difesa la sentenza impugnata era viziata da grave violazione di legge. Ed in effetti, i fatti contestati risalivano al 2011, ossia ad un tempo anteriore all’entrata in vigore della modifica legislativa che ha novellato l’art. 572 c.p.
All’epoca dei fatti, la norma penale aveva una formulazione differente rispetto al testo attuale facendo esclusivo riferimento ad “una persona della famiglia” e non contemplando testualmente la figura del “convivente”: da ciò ne deriverebbe che l’imputato non poteva essere punito per un fatto non previsto dalla legge come reato al momento in cui fu commesso.

Il ricorso però è stato dichiarato infondato.

Pacifici e del tutto condivisibili sono, per i giudici della Cassazione i principi ricordati nella impugnata sentenza secondo i quali “in tema di maltrattamenti in famiglia l’art. 572 c.p. è applicabile non solo ai nuclei familiari fondati sul matrimonio, ma a qualunque relazione sentimentale che, per la consuetudine dei rapporti creati, implichi l’insorgenza di vincoli affettivi e aspettative di assistenza assimilabili a quelli tipici della famiglia o della convivenza abituale” (Sez. 6, n. 31121 del 18/03/2014, Rv. 261472) e, ancora, che “è configurabile il delitto di maltrattamenti in famiglia anche in danno di persona non convivente o non più convivente con l’agente, quando quest’ultimo e la vittima siano legati da vincoli nascenti dal coniugio o dalla filiazione” (Sez. 6, n. 33882 del 08/07/2014, Rv. 262078).
Ciò vuol dire che anche prima dell’entrata in vigore della L. n. 172 del 2012 che ha modificato il testo dell’art. 572 c.p. la giurisprudenza di legittimità aveva ritenuto l’applicabilità della predetta norma anche solo ai rapporti di mera convivenza non caratterizzati da contestuale coniugio e quindi anche a persona convivente “more uxorio”, atteso che il richiamo contenuto nell’art. 572 c.p. alla “famiglia” doveva intendersi riferito ad ogni consorzio di persone tra le quali, per strette relazioni e consuetudini di vita, siano sorti rapporti di assistenza e solidarietà per un apprezzabile periodo di tempo (cfr. Sez. 6, n. 20647 del 29/01/2008)
Da ciò ne consegue che la riforma dell’art. 572 c.p. intervenuta nel 2012 attraverso l’inserimento testuale della dicitura “persona… comunque convivente” null’altro è stato se non la mera specificazione di un principio comunemente riconosciuto e confortato dalla costante giurisprudenza di legittimità che, come già accennato, ha costantemente ritenuto la configurabilità del delitto di maltrattamenti in famiglia anche in danno del mero convivente more uxorio, e più in generale ha esteso l’ampliamento della sfera della tutela penale apprestata dalla categoria dei reati contro la famiglia anche alle unioni di fatto secondo un orientamento che può dirsi ormai pacifico da quasi cinquant’anni, a partire dalla sentenza della Cassazione n. 320 del 26 maggio 1966.
Del resto nei casi in esame, osserva il Collegio trova applicazione anche il disposto dell’art.8 della Convenzione EDU, secondo cui “ogni persona ha diritto al rispetto della sua vita privata e familiare, del suo domicilio e della sua corrispondenza”.

La giurisprudenza comunitaria

In proposito, la giurisprudenza della Corte EDU ha da tempo suggerito una nozione sostanziale, onnicomprensiva di “famiglia”, senz’altro ricomprendente anche i rapporti di fatto, privi di formalizzazione giuridica.
Tale principio ha ispirato numerose pronunce della giurisprudenza non solo nazionale ma anche comunitaria.
Si pensi alla sentenza 13 giugno 1979, Marckx contro Belgio, per la quale l’art. 8 “presuppone l’esistenza di una famiglia, e tutela sia la famiglia naturale che la famiglia legittima”, poiché la nozione di famiglia accolta dalla citata disposizione “non si basa necessariamente sul vincolo del matrimonio, ma anche su ulteriori legami di fatto particolarmente stretti e fondati su una stabile convivenza”.
E ancora, la sentenza 13 dicembre 2007, Emonet ed altri contro Svizzera, per la quale “La nozione di famiglia accolta dall’art. 8 CEDU non si basa necessariamente sul vincolo del matrimonio, ma anche su ulteriori legami di fatto particolarmente stretti e fondati su una stabile convivenza“.
Insomma nessuna violazione avrebbero commesso i giudici di merito nell’aver configurato il delitto di maltrattamenti in famigli in capo al convivente e in relazione a fatti antecedenti alla modifica dell’art. 572 c.p.; ragion per cui il ricorso è stato respinto e confermata la condanna in via definitiva.

La redazione giuridica

 
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