Non è possibile equiparare le occasioni di rischio specifico enunciate nella  disposizione collettiva – attinenti a specifiche articolazioni del SSN – con il turno di elisoccorso

La Corte di Appello di Ancona, con una recente pronuncia (sentenza n. 440 del 02/01/2018), ha affermato il principio che segue: “Fermo restando che la particolarità del soccorso prestato mediante elicottero non può essere qualificato come una delle articolazioni dei servizi ricadenti nel novero di quelli propri della struttura interna del Servizio Sanitario Nazionale o Regionale, non è possibile equiparare le occasioni di rischio specifico enunciate nella  disposizione collettiva (art. 44, comma 6, del C.C.N.L. del comparto della Sanità pubblica) – attinenti a specifiche articolazioni del Servizio sanitario nazionale, quali terapie intensive, sale operatorie e simili – con il turno di elisoccorso ”.

Negli ultimi anni l’utilizzo dell’elicottero nelle attività di emergenza e di soccorso è diventato sempre più frequente. Esperienze acquisite nel settore dell’emergenza sanitaria di tutto il mondo hanno confermato che in caso di incidenti gravi un intervento di soccorso tempestivo e con disponibilità di idonee apparecchiature può determinare una riduzione di mortalità e invalidità permanente dell’ordine del 15 – 20% con conseguente analoga riduzione dei relativi costi sociali.

Da un punto di vista normativo, tuttavia, per il servizio di elisoccorso non esiste in Italia, come in numerosi altri Paesi Europei, una disciplina che ne regolamenti lo svolgimento.

Di recente in Italia, è stata emessa da parte della Direzione Generale dell’Aviazione Civile del Ministero dei Trasporti e della Navigazione una normativa, orientata principalmente a disciplinare le operazioni di volo e l’impiego degli equipaggi. Si tratta di norme relative esclusivamente all’organizzazione tecnica dell’esercente e alla approvazione delle installazioni presenti a bordo.

Ma quali sono le norme che disciplinano i sanitari a bordo degli elicotteri di soccorso? È previsto un diritto a remunerare il c.d. “rischio aggiuntivo”? Molto spesso li vediamo calati da elicotteri in volo per raggiungere persone da soccorrere in posti impervi; altre volte, li vediamo saltare già da elicotteri in hovering o meglio ancora, da elicotteri fermi in volo a poca distanza da terra.

È quanto domandato dai ricorrenti delle controversia in esame.

Con ricorso a norma dell’art. 414 cod. proc. Civ., dirigenti medici e infermieri impegnati da tempo nelle attività di elisoccorso convenivano in giudizio l’Azienda Ospedaliera, loro datrice di lavoro, rivendicando il diritto, in ragione della pericolosità dell’attività di elisoccorso, al compenso aggiuntivo per il rischio assunto (c.d. “indennità di volo”).

Il giudice di primo grado, muovendo dalla constatazione che il compenso aggiuntivo non era previsto dalla contrattazione collettiva, ne rigettava le domande. L’argomentazione era semplice: indipendentemente dalle particolari modalità di espletamento delle attività di elisoccorso (connotate di un effettivo rischio aggiuntivo, trattandosi di attività che oltre a sottoporre gli operatori a maggiori rischi, richiedono particolari abilità) si tratta comunque di attività svolte sulla base di un consenso volontario; e qualora, come nel caso di specie, non esista alcuna disciplina contrattuale che preveda una specifica indennità intesa a compensare la maggiore penosità della prestazione lavorativa, non può dirsi sussistente il diritto a un compenso aggiuntivo.

Di qui il ricorso al giudice dell’Appello e l’affermazione del principio sopra enunciato.

La pronuncia del giudice marchigiano non lascia dubbi. Così pure la normativa vigente secondo la quale tali operatori debbano considerarsi alla stregua di meri passeggeri in volo. Cresce pertanto il rammarico di medici e infermieri dopo quest’ultima sentenza del giudice italiano.

 

Avv. Sabrina Caporale

 

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