È prevista per il 30 novembre a Roma la manifestazione di avvocati e professionisti per l’equo compenso, in attesa dell’approvazione del ddl

È stata fissata per il 30 novembre a Roma la manifestazione dei professionisti italiani per dare battaglia sull’ equo compenso, tema caldo che riguarda anche gli avvocati.
Anche loro, infatti, saranno in piazza, insieme a tanti altri professionisti. Un incontro importante, che coinvolgerà insieme il Comitato Unitario delle Professioni e la Rete delle Professioni Tecniche.
La manifestazione rappresenterà l’ultimo e decisivo passo per l’approvazione del disegno di legge sull’equo compenso per i professionisti.
Approvazione che, dopo il via libera del Governo nei mesi scorsi, sembrava ormai imminente.
Eppure, per il Dipartimento delle politiche europee di Palazzo Chigi, l’ equo compenso equivarrebbe a reintrodurre le tariffe minime obbligatorie.

Un passaggio che, per il Dipartimento, renderebbe necessario un via libera preventivo da parte di Bruxelles.

In particolare, su questo punto, dissentono Cup e Rete professioni.
Secondo la rete di associazioni, infatti “l’ equo compenso per i professionisti non ha nulla a che vedere con la reintroduzione delle tariffe minime obbligatorie e pertanto non c’è alcun motivo per fermare l’iter legislativo avviato in Parlamento per colmare il vuoto creatosi a partire con le liberalizzazioni del 2006”.
La nota del Dipartimento di Palazzo Chigi ritiene che il disegno di legge sull’equo compenso “su cui si sta concretizzando un’ampia convergenza politica, punti ad una surrettizia reintroduzione di tariffe minime obbligatorie, con conseguente necessità di previa notifica alla Commissione della proposta – a contrario – l’obbligo di comunicazione alla Commissione di misure del genere è previsto dalla Direttiva Bolkestein all’art. 15, co. 7 e i casi che richiedono la notifica sono indicati tassativamente; tra essi quello appunto delle tariffe obbligatorie minime e/o massime che il prestatore deve rispettare (art. 15, par. 2, lett. g)”.
Nel frattempo, avvocati e professionisti fanno il punto.
E precisano che “la giurisprudenza europea non ha mai sancito l’incompatibilità con il diritto europeo primario e/o derivato da fonti interne che stabilissero tariffe vincolanti, purché siano appunto determinate dallo Stato e applicate dal giudice come accadeva in Italia fino al 2006 (Corte giustizia UE, caso Arduino, 2001), e siano adottate, in coerenza con il principio di proporzionalità, alla luce di motivi imperativi di interesse generale, quali la protezione dei consumatori e/o la corretta amministrazione della giustizia (Corte giustizia UE caso Cipolla Macrino, 2006)”.

Per le reti delle associazioni che invocano l’ equo compenso, inoltre, il disegno che sta esaminando adesso il Parlamento affronta la questione da un punto di vista diverso.

Non tratta, infatti, di “tariffe minime obbligatorie ma, molto più semplicemente, una presunzione giuridica (quindi superabile) per cui i compensi inferiori a quelli fissati dai parametri ministeriali sono appunto iniqui”.
Inoltre, viene precisato come i parametri ministeriali siano fonti statali e non atti delle professioni regolamentate.
Questo significa che è escluso che possano essere qualificati come intese restrittive della concorrenza.
“I parametri – affermano – sono uno strumento diversissimo per ratio, struttura e cogenza (del tutto assente) dallo strumento tariffario, in Italia abrogato definitivamente dal Governo Monti con il Decreto legge Cresci Italia (n. 1/2012)”.
Pertanto, spiega la rete delle associazioni, sembra non sussistere l’obbligo di previa notifica alla Commissione delle misure contenute nel ddl.
E per questo è nata la protesta, che avrà luogo il 30 novembre a Roma.
 
 
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