Il 2019 è l’ultimo anni in cui i farmaci antivirali contro l’epatite C saranno a carico del fondo speciale della spesa farmaceutica in quanto ‘farmaci innovativi’

Il 2019 per l’Italia rappresenta l’ultimo anno nel quale i farmaci antivirali contro l’epatite C conserveranno l’etichetta di farmaci ‘innovativi’. Dal 2020, quindi,  non saranno più a completo carico di un fondo speciale ma a carico del fondo ordinario della spesa farmaceutica.

Pertanto, “è dovere di tutti gli stakeholder impegnarsi ad avviare alla cura il maggior numero di soggetti possibile, prima di quella data”. Ad affermarlo è Filomena  Morisco, del Dipartimento di Scienza degli Alimenti dell’Università di Napoli ‘Federico II’. Andando a gravare sulla spesa dei farmaci ordinari, dunque, “è prevedibile che si andranno a creare problemi di spesa per varie regioni”.

Secondo il rapporto 2017 sulle epatiti dell’OMS ben 325 milioni di persone nel mondo sono affette da epatite cronica B (Hbv) o C (Hcv).

La maggior parte di loro non ha accesso ai test diagnostici e alle terapie ed è quindi a rischio di una lenta progressione della malattia. Questa può portare a cirrosi, cancro del fegato e morte. Le regioni del mondo ove è più diffusa l’epatite B sono quelle orientali e africane, mentre il mondo occidentale è caratterizzato da maggiore diffusione dell’epatite C.

Nel 2015 l’epatite virale ha provocato 135 milioni di morti. Il dato è paragonabile ai decessi causati dall’Hiv, dalla tubercolosi e dalla malaria. Con la differenza – commenta Morisco – “che la mortalità legata a queste importanti malattie infettive è in calo”.  Quella dovuta alle epatiti virali, invece, è in aumento.

La prevalenza delle infezioni da epatite B in Italia è molto bassa, inferiore all’1 per cento.

Ciò anche in virtù del fatto che tutta la popolazione italiana fino a 38 anni è stata vaccinata. La prevalenza delle infezioni da epatite C si attesta invece intorno al 2 per cento. “Al 21 gennaio 2019 erano stati trattati con i farmaci eradicanti l’infezione da Hcv 167.319 pazienti – aggiunge l’esperta – quindi ne restano molti da trattare”.

Allo stato attuale, pertanto, l’epatite virale non è solamente una patologia clinicamente rilevante. Si tratta infatti di un importante problema di salute pubblica, che richiede una risposta urgente a tutto campo. La predisposizione di misure e programmi di prevenzione e la disponibilità di terapie altamente efficaci hanno reso l’eliminazione a livello globale un obiettivo realistico. E’ comunque fondamentale tenere ben presente che il progetto di eliminazione richiede un salto concettuale. Occorre spostare l’attenzione dalla cura del singolo paziente ad un approccio di sanità pubblica che ha come obiettivo l’interruzione della trasmissione dell’infezione. Lo sostiene la SIGE, Società Italiana di Gastroenterologia ed Endoscopia Digestiva.

Il vaccino per l’epatite B ed i farmaci per l’epatite B e C sono una realtà.

E’ necessario fare in modo che possano raggiungere ed aiutare tutti coloro che ne hanno bisogno. “L’obiettivo, molto ambizioso dell’Oms – ricorda la Società scientifica – è quello di raggiungere entro il 2030 una riduzione globale della mortalità correlata alle epatiti del 65 per cento ed una riduzione del 90 per cento di nuove infezioni.

L’Italia, per la SIGE, mostra di aver già adottato gran parte delle raccomandazioni dell’Oms. Può quindi essere considerata tra i Paesi che potranno raggiungere l’obiettivo prefissato. “E’ importante quindi evitare di abbassare la guardia su tale argomento e continuare nella strategia di eliminazione con grande impegno, anche nei prossimi anni”.

 

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