Per la International Association for the Study of Pain, l’ imaging cerebrale non deve essere impiegato per dimostrare la presenza del dolore cronico

Secondo una task force facente parte della International Association for the Study of Pain l’ imaging cerebrale non dovrebbe essere usato allo scopo di dimostrare la presenza di un dolore cronico, soprattutto se per motivi legali.
L’analisi è apparsa su Nature Neurology.
Questo tipo di patologia colpisce fino al 35% della popolazione statunitense.
È spesso associata a enormi costi personali e sociali e, gli individui con dolore cronico, spesso presentano una qualità di vita scarsa.
Oltre a questo hanno frequenti bisogni terapeutici non soddisfatti, e fenomeni come la perdita di salario e di produttività sono in aumento.
“Sono in corso continui sforzi per migliorare la prevenzione, il trattamento e la riabilitazione per i pazienti con dolore cronico”.
A dichiararlo è stata Karen D. Davis, della University of Toronto, che ha guidato la task force.
“Il dolore cronico – prosegue Davis – è però oggetto di molte controversie legali tra i pazienti, i sistemi di assistenza sanitaria e i fornitori di prestazioni per disabilità, in cui la prova che un paziente stia o meno provando dolore potrebbe influenzare i rimborsi”.
Inoltre, l’ imaging cerebrale, tramite per esempio RMN funzionale, PET, EEG e magnetoencefalografia, viene attualmente considerata come potenziale metodo per la diagnosi, la prognosi e la previsione dell’esito del trattamento nei pazienti con dolore cronico.
Questa dichiarazione di consenso ha voluto esaminare le effettive possibilità di questo tipo di impiego dell’ imaging cerebrale.

Secondo Davis, il gruppo di lavoro ha riscontrato e descritto alcuni problemi quando tali metodiche vengono intese come “rivelatori di falsi” per il dolore cronico.

Tra questi vi sono la variabilità tra pazienti e la difficoltà di inferire la presenza del dolore a partire da un determinato schema cerebrale.
La task force ha dunque proposto degli standard di prova da soddisfare prima che qualsiasi risultato di diagnostica per imaging cerebrale possa essere considerato idoneo per scopi clinici o legali nel caso del dolore cronico.
“Oggi – conclude Davis – le conoscenze scientifiche necessarie, tra cui la specificità e la sensibilità di questi test, e protocolli convalidati per consentire l’uso delle prove derivanti da imaging cerebrale nel sistema giuridico, non esistono”,
Pertanto, l’analisi condotta dalla task force ritiene che l’uso delle immagini in questo contesto è in una fase di sperimentazione. 
Ciononostante, si ritiene che possa essere utile per aumentare la comprensione dei fondamenti neurali del dolore cronico.
Inoltre, potrebbe anche aiutare lo sviluppo degli agenti terapeutici e prevedere i risultati del trattamento personalizzato per la gestione del dolore.
 
 
Leggi anche:
POTENZIARE LE FUNZIONI COGNITIVE? BASTA UNA MOLECOLA ANIMALE
 

- Annuncio pubblicitario -

LASCIA UN COMMENTO O RACCONTACI LA TUA STORIA

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui