Dopo la chiusura del capitolo vitalizi, è stata presentata una proposta di legge sull’abolizione della impignorabilità dello stipendio dei parlamentari

Archiviata la questione vitalizi, adesso il M5S si prepara a un nuova battaglia: quella dell’abolizione della impignorabilità dello stipendio dei parlamentari.

È stata infatti depositata alla Camera la proposta di legge “Modifica all’articolo 5 della legge 31 ottobre 1965, n. 1261, in materia di sequestrabilità e pignorabilità dell’indennità mensile e della diaria spettanti ai membri del Parlamento”.

Come noto, l’ impignorabilità dello stipendio dei parlamentari è sancita da una legge del 1965.

L’art. 5 della legge n. 1261/1965 sottrae al sequestro e al pignoramento l’indennità parlamentare e la diaria dei parlamentari, impedendo, di fatto, “ai creditori dei deputati e dei senatori della Repubblica di rivalersi su queste somme per la soddisfazione delle loro pretese”.

“I cittadini – spiega la prima firmataria del ddl e vicepresidente della Camera Maria Edera Spadoni – pagano le tasse e non godono di nessun privilegio; se anzi si trovano in difficoltà il loro stipendio può essere pignorato. Mi chiedo allora: perché un cittadino viene penalizzato rispetto ad un parlamentare?”.

Da questa riflessione è nata la proposta di legge per abrogare la impignorabilità degli stipendi dei parlamentari. Una battaglia che, secondo Spadoni, mira a rimuovere “una norma che può essere percepita come immotivata diseguaglianza”.

Ma, al contempo, rispettando “il principio sancito dall’articolo 3 della Costituzione – perché – i parlamentari devono essere trattati esattamente come un qualsiasi altro lavoratore italiano”.

La pdl composta da un unico articolo, pertanto, dispone l’abrogazione del quarto comma dell’articolo 5 della legge 31 ottobre 1965, n. 1261.

Questo prevede nello specifico che “l’indennità mensile e la diaria non possono essere sequestrate o pignorate” e contestualmente l’assoggettamento, ai fini del pignoramento e del sequestro delle indennità e delle diarie dei membri del Parlamento, alle “disposizioni dell’art. 545 del codice di procedura civile”.

 

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