Il massimale assicurativo entro il quale è tenuta la compagnia designata, è rilevabile anche d’ufficio dal giudice e deve essere riferito alla tabella vigente al momento in cui il danno si è verificato

La vicenda

La vicenda origina dal ricorso in appello proposto dalle figlie della donna morta in un incidente stradale mentre era nell’auto guidata da uno dei suoi figli, contro la sentenza del Tribunale di Napoli che aveva rigettato la loro istanza risarcitoria per la perdita della loro congiunta “perché improcedibile”.

Il sinistro si era verificato allorché la donna si trovava quale terza trasportata nell’auto di proprietà e condotta dal figlio. Detta auto all’epoca dell’incidente era sprovvista di regolare copertura assicurativa. A causa, di una errata ed imprudente manovra del conducente, dopo aver tamponato un veicolo fermo in sosta, aveva invaso la corsia opposta di marcia e si era schianta contro un muro.

La vittima moriva a causa delle lesioni riportate a seguito dell’impatto.

La Corte d’appello di Napoli accolse il gravame e condannò la compagnia assicurativa designata dal fondo di garanzia vittime della strada, a pagare agli eredi della defunta, la somma di euro 229.432,92 cadauna, a titolo di risarcimento del complessivo danno non patrimoniale da ognuna di esse patito in conseguenza del sinistro in questione, nonché alle spese di giudizio.

Il ricorso per Cassazione

Contro la predetta sentenza, l’assicurazione designata ha presentato ricorso per Cassazione, denunciando tra gli altri motivi, la violazione di legge in ordine all’art. 21 della legge n. 990/1969.

Sosteneva la ricorrente che, pur essendo il massimale previsto dalla legge ed essendo, quindi, applicabile d’ufficio, comunque, sia in primo che in secondo grado di giudizio, la stessa aveva precisato che l’esposizione dell’impresa designata non avrebbe potuto eccedere il massimale di legge vigente all’epoca del sinistro, ma la corte di merito aveva ignorato tale indicazione, condannandola ad un importo pari al doppio del massimale di legge, di cui non aveva tenuto conto del tutto immotivatamente, «peraltro anche in assenza di una specifica domanda».

La decisione

Il motivo è stato accolto. Effettivamente la corte di merito aveva omesso di rilevare d’ufficio il limite del massimale di legge ancorché la società ricorrente ne avesse rappresentato la sussistenza.

Al riguardo è stato più volte affermato dalla giurisprudenza della Cassazione il principio secondo il quale «In tema di responsabilità civile obbligatoria derivante dalla circolazione dei veicoli a motore, nella fattispecie disciplinata dagli artt. 19 e 21 della legge n. 990 del 1969, il diritto del danneggiato al risarcimento nasce, per volontà d legge, limitato, con la conseguenza che il relativo limite del massimale, entro il quale è tenuta la compagnia designata, non rappresentando un mero elemento impeditivo od estintivo, ma valendo per l’appunto a configurare ed a delimitare normativamente il suddetto diritto, è rilevabile anche d’ufficio, dal giudice e deve essere riferito alla tabella vigente al momento in cui il danno si è verificato» (Cass. n. 7247/2006; Cass. n. 22893/2012).

Peraltro la Cassazione ha anche chiarito che, in tema di risarcimento del danno derivante dalla circolazione dei veicoli a motore, e per la ipotesi disciplinata dagli artt. 19 e 21 della legge citata, i decreti con i quali sono stati modificati i limiti dei massimali di legge indicati nella allegata tabella “A”, richiamata dall’art. 21 della legge medesima, hanno natura di atti normativi, sebbene non di rango primario, e, quindi, si presumano noti al giudice e non hanno bisogno di essere provati dalla parte interessata (Cass. n. 11552/2013).

La redazione giuridica

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