Alzheimer, al via il progetto Interceptor, che prevede lo screening e il monitoraggio di 400 pazienti a rischio con lievi deficit cognitivi.

Oggi non esistono farmaci in grado di fermare o far regredire l’Alzheimer, ma nei prossimi anni lo scenario potrebbe cambiare. Termineranno infatti le sperimentazioni di oltre 50 farmaci potenzialmente in grado di rallentare o arrestare la malattia. Molti di essi agiranno solo nelle forme “prodromiche” di malattia che appartengono ad una condizione definita Mild Cognitive Impairment, una lieve compromissione delle funzioni cognitive che riguarda circa 735.000 persone in Italia e che le predispone alla patologia.
Per contenere i costi e ‘targettizzare’ sempre meglio le terapie, arriva il progetto Interceptor, un modello di screening della popolazione a rischio realizzato da alcuni esperti, il ministero della Salute e l’Agenzia italiana del farmaco, presentato a Roma. Lo studio coinvolgerà 400 pazienti con lievi deficit cognitivi, tra 50 e 85 anni, distribuiti in 5 centri italiani specializzati. Nello studio saranno valutati 7 marcatori, al fine di stabilire quali siano più specifici per predire la conversione del lieve declino cognitivo in Alzheimer.
Il costo totale stimato è pari a euro 3.950.000, mentre stime di calcolo circa i costi socio-sanitari ipotizzano cifre complessive pari a circa 6 miliardi. I pazienti saranno monitorati per 3 anni.

L’obiettivo del progetto Incerptor

L’obiettivo finale è essere pronti a fare uno screening, al fine di ottimizzare la distribuzione di nuovi farmaci, per evitare di esporre al trattamento e alle potenziali correlate reazioni avverse pazienti che non ne trarrebbero giovamento, garantendo la sostenibilità. “Con questi strumenti quando i farmaci arriveranno saremo pronta a curare migliaia se non milioni di persone in modo appropriato e sicuro” spiega il ministro della Salute Beatrice Lorenzin, mentre per il direttore generale dell’Aifa Mario Melazzini evidenzia “vogliamo essere i primi a fare programmazione”. Mentre il professor Paolo Maria Rossini, del Policlinico Gemelli, mette un rilevo “le ottime caratteristiche di ricerca e sanità pubblica”.
 
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