Tra le persone affette da ipertensione arteriosa il 60% non assume terapie. Nei pazienti adulti la pressione arteriosa dovrebbe essere ridotta al di sotto di 130 mmHg

Il 60% degli europei affetti da ipertensione arteriosa non assume una terapia. Di questi pazienti appena uno su tre presenta livelli di pressione al di sotto dei valori di 140/90 mmHg. Il tutto, nonostante siano disponibili da molti anni strumenti assai precisi per la diagnosi, nonché farmaci efficaci e ben tollerati.

Per invertire questa tendenza è stata preparata una nuova edizione aggiornata delle Linee Guida per la diagnosi e il trattamento dell’ipertensione arteriosa. Il documento è stato preparato dalla European Society of Hypertension (Esh), insieme alla European Society of Cardiology (Esc).

“L’ipertensione continua a essere la prima causa di mortalità e di sviluppo di gravi malattie cardiovascolari e renali in tutto il mondo”. Lo afferma il Past President dell’Esh, Enrico Agabiti Rosei. Il fenomeno interessa sia i Paesi in via di sviluppo che quelli industrializzati.

Tra i principali motivi che impediscono una buona gestione dell’ipertensione figurerebbe l’insufficiente utilizzo di terapie di combinazione.

“L’ipertensione – spiega Rosei – nella maggioranza dei casi è provocata da diversi meccanismi e fattori che interagiscono tra di loro. Per contrastarla è necessario l’uso simultaneo di più farmaci. Le Linee Guida consigliano nella maggioranza dei casi di iniziare il trattamento con terapie di combinazione di farmaci in dosi predefinite. Avere due o più molecole nella stessa compressa presenta degli indubbi vantaggi in termini di efficacia e favorisce l’assunzione regolare e continua dei farmaci, ovvero una maggiore persistenza e aderenza alla terapia”.

Il documento dell’Esh ha come obiettivo il controllo della pressione su un più ampio numero di persone. Le linee guida, inoltre, mirano a conseguire il raggiungimento di valori pressori più bassi rispetto alle precedenti indicazioni. La pressione arteriosa dovrebbe essere ridotta al di sotto di 130 mmHg nei pazienti adulti e al di sotto di 140 mmHg nei pazienti anziani.

“Anche nelle forme più lievi viene raccomandato il trattamento farmacologico”. Lo sottolinea Giuseppe Mancia, dell’Università Milano-Bicocca e co-Chairman delle Linee Guida, coordinatore di una Task Force composta da altri venti specialisti europei.  Studi scientifici dimostrerebbero che maggiore è la riduzione della pressione più grande è il vantaggio addizionale che si garantisce a un paziente.

“Tra le altre raccomandazioni – prosegue Mancia –  vi è anche l’incremento dei controlli della pressione al di fuori degli studi medici. Come alternativa suggeriamo la misurazione a domicilio o il monitoraggio ambulatoriale per 24 ore. In questo modo si può confermare con maggiore precisione la prima diagnosi che solitamente viene effettuata dal medico di famiglia. Inoltre si riesce a individuare più facilmente le così dette forme di ipertensione da ‘camice bianco’ o ‘ipertensione mascherata’”.

Le Linee Guida presentano alcuni capitoli specifici dedicati allo screening dell’ipertensione secondaria e ai trattamenti specifici delle emergenze ipertensive.

Il documento si sofferma anche sui trattamenti riservati ad alcune particolari categorie di persone: donne in gravidanza, bambini, pazienti con altre patologie croniche, con complicanze cardio- e cerebro-vascolari.

“Il documento dell’Esh – conclude Rosei – ribadisce anche l’estrema importanza della valutazione del danno d’organo iniziale. È un aspetto che da sempre riveste particolare rilevanza nelle linee guida europee rispetto a quelle statunitensi. Siamo, infatti, convinti che i danni precoci, asintomatici, causati dall’ipertensione a organi come cuore, reni o cervello determinino un rischio globale molto elevato. Il danno iniziale può regredire grazie alle terapie e questo miglioramento può consentire una minore incidenza di tutte le patologie cardio-vascolari”.

 

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