Una sentenza della Cassazione ha fatto il punto sul caso in cui il lavoratore che denuncia il proprio capo possa essere licenziato

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 22375/2017, si è occupata del caso in cui il lavoratore che denuncia il proprio capo possa essere licenziato. Un interessante esempio di impugnazione del licenziamento intimato per “giusta causa” (art. 2119 c.c.).
Ebbene, secondo i giudici, non può essere licenziato per giusta causa il lavoratore che denuncia il proprio capo. Questo, a meno che non venga dimostrato il carattere calunnioso della denuncia nei confronti del datore di lavoro.
Nel caso di specie, la Corte d’appello di Bologna, in riforma della sentenza di primo grado, resa dal Tribunale della stessa città, aveva confermato la legittimità del licenziamento per giusta causa del dipendente.

Il lavoratore aveva presentato una denuncia-querela nei confronti del legale rappresentante della società datrice di lavoro, fondata su accuse non veritiere.

Secondo la Corte d’appello, la condotta posta in essere dal lavoratore era stata idonea a ledere irrimediabilmente il rapporto di fiducia che deve sussistere tra lavoratore e datore di lavoro, tanto da escludere la possibilità di prosecuzione del rapporto di lavoro.
Il lavoratore, tuttavia, ha deciso di rivolgersi in Cassazione, ritenendo la decisione ingiusta.

La Suprema Corte ha quindi ritenuto di dover dar ragione al lavoratore, accogliendo il relativo ricorso, in quanto fondato.

Per i giudici, infatti, doveva escludersi che “la denuncia di fatti di potenziale rilievo penale accaduti nell’azienda possa integrare giusta causa o giustificato motivo soggettivo di licenziamento”.
Il tutto a meno che non venga dimostrato “il carattere calunnioso della denuncia medesima”. E, quindi, “la volontà di accusare il datore di lavoro di fatti mai accaduti o dallo stesso non commessi”.
La Corte aveva anche precisato che “l’esercizio del potere di denuncia, riconosciuto dall’ art.333 c.p.p., non può essere fonte di responsabilità, se non qualora il privato agisca nella piena consapevolezza della insussistenza dell’illecito o della estraneità allo stesso dell’incolpato”.
Pertanto, la Corte ha accolto il ricorso proposto dal lavoratore. La causa è stata rinviata al giudice d’appello, affinché la questione venisse decisa sulla base dei principi sopra enunciati.
 
 
Hai avuto un problema simile? Scrivi per una consulenza gratuita a redazione@responsabilecivile.it o scrivi un sms al numero WhatsApp 3927945623
 
 
Leggi anche:
DIPENDENTE IN CARCERE, È VALIDO IL LICENZIAMENTO PER ASSENZA INGIUSTIFICATA?

- Annuncio pubblicitario -

LASCIA UN COMMENTO O RACCONTACI LA TUA STORIA

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui