Interessante sentenza della Sezione Lavoro della Cassazione che, nel confermare il licenziamento di un dipendente per reiterato atteggiamento di ostilità nei confronti dell’azienda, ha chiarito che è legittimo registrare le conversazioni intrattenute con i colleghi di lavoro, a loro insaputa, per costituirsi un mezzo di prova

La vicenda

Con sentenza della Corte d’appello di Bologna era stato confermato il licenziamento per giusta causa di un dipendente del Consorzio di Bonifica della Provincia di Rimini.
L’elemento costitutivo del provvedimento espulsivo era incentrato sul comportamento del predetto lavoratore, espressione di un reiterato e costante atteggiamento di ostilità nei confronti dell’azienda.
La corte territoriale aveva, pertanto, respinto le censure mosse dalla difesa, affermando la legittimità del provvedimento impugnato.
La decisione è stata confermata anche dai giudici della Sezione Lavoro della Cassazione. I continui atteggiamenti di ostilità nei confronti dell’azienda, consistiti, in particolare, nella auto assegnazione dei periodi di congedo per le ferie, nella sistematica registrazione dei colloqui con i colleghi all’insaputa degli interlocutori, oltre a precedenti disciplinari, giustificavano la sanzione espulsiva.
Il ricorso del dipendente è stato, tuttavia, accolto nella parte in cui quest’ultimo censurava la ritenuta illiceità tout court delle registrazioni di conversazioni fra colleghi, a lui addebitate.

Il principio di diritto

Al riguardo, i giudici della Cassazione hanno ritenuto dover dare continuità al principio, più volte affermato dalla giurisprudenza secondo cui “l’utilizzo a fini difensivi di registrazioni di colloqui tra il dipendente e i colleghi sul luogo di lavoro non necessita del consenso dei presenti, in ragione dell’imprescindibile necessità di bilanciare le contrapposte istanze della riservatezza da una parte e della tutela giurisdizionale del diritto dall’altra e pertanto, di contemperare la norma sul consenso al trattamento dei dati con le formalità previste dal codice di procedura civile per la tutela dei diritti in giudizio; ne consegue che è legittima, ed inidonea ad integrare un illecito disciplinare, la condotta del lavoratore che abbia effettuato tali registrazioni per tutelare la propria posizione all’interno dell’azienda e per precostituirsi un mezzo di prova, rispondendo la stessa, se pertinente alla tesi difensiva e non eccedente le sue finalità, alle necessità conseguenti al legittimo esercizio di un diritto (Cass. 10/5/2018 n. 11322; Cass. 29/12/2014 n. 27424)”.
In altre parole, non costituisce illecito disciplinare la condotta del lavoratore che registra, al fine di costituirsi un mezzo di prova, le conversazioni con i colleghi di lavoro a loro insaputa.
Sul punto i giudice di merito, dovrà perciò, rivalutare la decisione finale.

La redazione giuridica

 
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