Uno studio Antea condotto su 1.239 pazienti ha provato che almeno il 27,8%  prova dolore nel corso delle manovre assistenziali. 

Immobilizzazione a letto, medicazioni e manovre assistenziali in genere provocano dolori ad almeno il 27,8% dei pazienti.

A dirlo è uno studio condotto da Antea, con la collaborazione di 23 centri italiani di cure palliative, su 1.239 pazienti, il 96% con patologia oncologica.

Come noto i pazienti, oncologici e non, in fase avanzata di malattia vengono frequentemente sottoposti a semplici manovre assistenziali. Tuttavia, queste, causano loro dolore in molti casi.

In cure palliative, le procedure assistenziali e di nursing possono essere effettuate più volte al giorno con il duplice obiettivo di migliorare la qualità di vita e di tutelare la dignità della persona malata. Ma queste procedure possono anche far male.

Nello studio di Antea la quasi totalità dei pazienti aveva una patologia oncologica (96%) e nel 63.7% dei casi era in terapia fissa con oppiacei per il controllo del dolore di base.

Lo studio è stato condotto in ottemperanza alle raccomandazioni della Dichiarazione di Helsinki e alle normative vigenti di Buona Pratica Clinico.

Tale ricerca ha ricevuto parere favorevole dal Comitato Etico (CE) indipendente di riferimento per il centro promotore. Oltre a questo, sono stati coinvolti tutti i CE dei centri di cure palliative italiani coinvolti. Inoltre, è stato notificato al registro studi osservazionali dell’AIFA.

Ma come è stato svolto lo studio sul dolore durante le manovre assistenziali?

Prima di avviare la rilevazione dei dati, sono state identificate le procedure più frequenti e potenzialmente dolorose effettuate in cure palliative. Questo step è avvenuto attraverso un focus group e delle interviste rivolte a pazienti e caregiver.

Ebbene, sulla base dei dati raccolti, si è stabilito di includere nello studio i pazienti in cui, nell’ambito nella pratica clinica quotidiana, si effettuassero alcune procedure.

In primis, la mobilizzazione a letto. Poi il trasferimento dal letto alla poltrona, seguito da cure igieniche e medicazione di lesioni da pressione. In ultimo, cateterismo vescicale e somministrazione di farmaci per via sottocutanea.

A quel punto, sono stati registrati dati relativi all’ anamnesi generale ed algologica, ed è stato misurato il dolore 10 minuti prima, durante e 10 minuti dopo l’effettuazione di una delle procedure elencate.

Infine, sono stati raccolti i dati relativi all’ eventuale somministrazione di terapia preventiva o al bisogno, assunta per il dolore procedurale.

Dallo studio è emerso che la prevalenza del dolore indotto da procedure è risultata pari al 27.8%, con un’intensità media di grado lieve (NRS 2.3 ± 1.64).

Nell’ 11.8% dei casi, il dolore aveva le caratteristiche di un “breakthrough pain”. Questo aveva un’ intensità di grado moderato (NRS 4.3 ± 1.67).

Dalla ricerca si è evinto che la procedura risultata più dolorosa è stata la medicazione di lesioni da pressione.

In generale, tutti i pazienti hanno avuto un aumento significativo dell’intensità del dolore durante l’effettuazione delle procedure.

Il 12.6% dei pazienti ha ricevuto farmaci per la prevenzione del dolore procedurale. Quanto all’’1.7% ha ricevuto farmaci al bisogno. Quindi solo durante l’effettuazione della procedura per insorgenza di dolore.

Ancora, il 31% dei pazienti aveva una prescrizione di terapia da assumere al bisogno prima delle procedure di mobilizzazione o di medicazione. Inoltre, riferiva di non voler assumere i farmaci.

Questo perché “preferiva sopportare quel dolore di breve durata o non troppo severo”, oppure “aveva paura di assumere troppe medicine e di diventare dipendente”.

Secondo Caterina Magnani, responsabile della ricerca clinica, Antea Onlus “dai risultati di questo studio è emerso che l’effettuazione di procedure assistenziali, non o minimamente invasive, può essere responsabile dell’insorgenza di dolore, di intensità variabile, anche in un contesto come quello delle cure palliative, dove l’attenzione al controllo del dolore è massima”.

Insomma, se è vero che molte manovre assistenziali sono irrinunciabili, è altrettanto vero, evidenzia l’esperta, che “oggi abbiamo a disposizione tutti gli strumenti farmacologici che ci permettono di evitare questo dolore”.

Per tale ragione, “abbiamo il dovere di valutarlo e trattarlo in maniera appropriata – conclude Magnani – in ogni contesto di cura, facendo comprendere ai nostri pazienti che non è necessario sopportare il dolore”.

 

 

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