Perché se ne parla tanto ora? L’esperienza sociale degli ultimi anni ha generato numerose possibilità per le coppie infertili che hanno il desiderio di diventare genitori. La scienza medica ha sperimentato ed adottato procedure tecnicamente avanzate come la maternità surrogata.

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L’avvocato penalista Ezio Menzione a «Responsabile Civile», spiega la surrogacy in materia di giurisprudenza. Con la gestazione di maternità si hanno due possibilità: una tradizionale e l’altra gestazionale. La prima è quando un genitore di sesso maschile (o un donatore se sterile) conferisce il suo liquido seminale maschile, che viene utilizzato per fecondare l’utero di una donna terza rispetto alla coppia, la cosiddetta madre surrogata, la quale si impegna a portare avanti la gravidanza per poi consegnare il nascituro. La seconda, cioè la gestazione per altri, è quando una donna si sostituisce ad un’altra nella gravidanza e nel parto, facendosi impiantare nel suo utero gli embrioni derivati da gameti differenziati maschili e femminili, e fa nascere il bambino nel proprio utero, ma non con i propri ovociti. Senza quindi implicazioni genetiche e biologiche.

I genitori risultano essere a tutti gli effetti i portatori.  Entrambe le pratiche sono volute dalle madri che non riescono ad avere un bimbo, ma danno possibilità anche ai gay che vogliono diventare padri, alle coppie omosessuali, lesbiche, o anche singoli gay o lesbiche. Di qualsiasi sia la natura dei richiedenti, l’ordinamento italiano prevede che soltanto la madre è colei che partorisce e punisce con la legge 40 del 2004 chi realizza una surrogacy, con la reclusione da due mesi a due anni e la multa da 600.000 a un milione di euro. Coloro che vanno all’estero – dove la surrogacy è consentita in molti paesi, con cifre che vanno dai 120 mila euro negli Stati Uniti a 30-40 mila in Ucraina, costi che vanno divisi per l’equipe e in parte con la madre che porterà avanti la gestazione – vanno incontro a numerosi problemi complessi di natura giuridica.

Secondo lei a che punto siamo in Italia sull’accettazione di questa pratica ammessa in molti paesi del mondo e da noi vietata?

Difficile a dirsi. E’ evidente che il tema è venuto di attualità non per la frequenza dei casi (si parla di un flusso di poche centinaia di casi l’anno), ma come bastone fra le ruote dell’approvazione delle unioni civili. Se ne parla senza nemmeno sapere esattamente di cosa si tratti. Una volta passata la legge sulle unioni civili (con o senza la stepchild adoption), oppure constatato che essa non passa, il gran clamore cesserà e continueremo, in materia, con il limitato divieto della legge 40. Con alcune voci del femminismo e quelle cattoliche più intransigenti, che continueranno stancamente a tuonare, se Dio vuole inascoltate.

Ma lo scenario potrebbe anche essere diverso: la legge sulle unioni civili non passa o viene fortemente mutilata. Si riscrive una legge sulla fecondazione assistita (e sarebbe l’ora!). All’interno di questa si modula un possibile divieto di surrogazione, in Italia e all’estero.
Si badi però che la giurisprudenza, sia italiana che europea, ha già posto paletti precisi a mille possibili divieti. Non è facile vietare di compiere all’estero ciò che costa è non solo consentito ma regolamentato legislativamente.
La legge penale italiana conosce solo altri due casi di punizione di reati commessi all’estero: in tema di pedofilia e di terrorismo. Ma in queste due materie vi è comunanza fra il sentire nazionale e il sentire internazionale.

Non così sulla surrogazione. Il principio di offensività non consente di andare tanto in là nel punire ciò che altri consentono. E, si badi, finché vi sarà anche un solo staterello, un’isola lontana, dove la surrogazione è consentita, vi affluiranno sempre coppie di italiani sterili: la gioia di avere un figlio non si arresta di fronte a nulla, nemmeno alla sanzione penale. Probabilmente si fermerebbe solo di fronte al pericolo di vedersi portar via il figlio. Ma su questo è già intervenuta la Consulta nel 2011 per vietarlo.
La Corte Europea, anche lei, ha ripetuto che non è consentito se non in casi di inadeguatezza genitoriale e solo come extrema ratio, portar via il figlio e porlo in adozione. D’altro canto, sempre la Corte Europea ha stabilito che il figlio minore, comunque, ha diritto alla trascrizione come figlio dei genitori committenti. Quindi, a che serve accanirsi a perseguire penalmente i genitori?

Vediamo ora l’emendamento cd. del parlamentare Giampiero Dalla Zuanna al ddl Cirinnà, l’unico specifico su questo tema, e l’opinione dell’avvocato Menzione:

Art. 4-bis. (Divieto della pratica di surrogazione di maternità)

  1. Le previsioni contenute nell’articolo 12, comma 6, della legge 19 febbraio 2004, n. 40 relative al divieto della pratica di surrogazione della maternità, nonché le relative pene previste, si applicano anche al cittadino italiano che commette il fatto all’estero, essendo la presente legge disposizione speciale ai sensi dell’articolo 7 comma 5 del Codice penale.
  2. In sede di trascrizione degli atti di nascita ricevuti all’estero dalle autorità consolari, i richiedenti sono tenuti a rendere una dichiarazione diretta all’ufficiale di stato civile attestante che la nascita è avvenuta senza il ricorso a pratiche di surrogazione della maternità vietate ai sensi di legge. L’ufficiale di stato civile, nel caso ravvisi la necessità di accertare la veridicità della dichiarazione, ovvero in sua assenza, sospende la trascrizione dell’atto di nascita, fermo l’obbligo di cui all’articolo 331 del codice di procedura penale.
  3. Nel caso in cui venga accertato il ricorso a pratiche di surrogazione della maternità, la trascrizione è negata se risulta provata la non sussistenza del rapporto di filiazione biologica tra il nato e almeno uno dei genitori risultanti dall’atto di nascita ricevuto all’estero. Ove invece sia provata la sussistenza del rapporto di filiazione biologica tra il nato e almeno uno dei genitori risultanti dall’atto di nascita ricevuto dall’estero, il giudice, nell’esclusivo interesse del minore, può autorizzare la trascrizione dell’atto di nascita con l’indicazione del solo rapporto di filiazione biologica.

Menzione: “Pare a me che questo emendamento non solo è scritto male, ma è in più punti violativo di principi elementari e dei lineamenti giurisprudenziali cui ho fatto cenno. Basti pensare all’obbligo che i genitori avrebbero di dire al consolato come hanno concepito il figlio e fatto portare avanti la gravidanza ad altra donna. Insomma, confessare un reato. Con buona pace del principio, pienamente riconosciuto dal nostro sistema, anzi di esso fondante, del “nemo tenetur se detegere”. Non occorre che la signora Dalla Zuanna sia tenuta a conoscere Cordero, basterebbe che consultasse Wikipedia, che ha una voce specifica su questo”.

Ci spiega di più sul ddl Cirinnà?

Il ddl Cirinnà, che istituisce le unioni civili, cui annette ogni diritto che inerisce al matrimonio, pur costituendo un “compromesso preventivo” nel non avere voluto puramente e semplicemente estendere il matrimonio anche alle coppie dello stesso sesso, così come è avvento per esempio, in Spagna, costituisce comunque un – peraltro ormai necessario, anzi, in ritardo di parecchi lustri – avanzamento dei diritti degli omosessuali e delle coppie di eterosessuali che per le più svariate ragioni non intendano accedere al matrimonio.

Io personalmente, che già 5 legislature fa stesi il primo progetto di legge sulle unioni civili per l’On.Luigi Manconi, ho sempre ritenuto giusto creare un’istituto apposito per le coppie omosessuali, appunto l’unione civile, più “leggero” nei presupposti, ma altrettanto complessivo nei risultati, di quel vecchio arnese ormai arrugginito che è il matrimonio. Non a caso negletto dalla nostra nuova società. Dunque non sarò io a lamentarmi della mancanza del riconoscimento del matrimonio anche per le coppie dello stesso sesso. Anche se, così tanti anni dopo di allora, e muovendo dal fatto che molti paesi hanno ormai riconosciuto anche il matrimonio (o solo quello), consentire una scelta fra i due istituti sarebbe stato forse preferibile.

Ma la questione dell’unione civile ha ben poco a che fare con la stepchild adoption. Teniamo presente che la stepchild adoption (già istituita e riconosciuta per le coppie sposate) all’interno della coppia gay (femminile) è ormai, in pratica, un diritto giurisprudenzialmente acquisito, dopo due sentenze del Tribunale dei Minori di Torino e di quello di Roma.
Essa ha ancor meno a che fare con la surrogazione di gravidanza. Le due questioni hanno come unico punto di contatto le coppie gay maschili: e si tratta, all’evidenza, di una platea estremamente ristretta.
Ma ciò che vale è il principio, anche se fosse un solo caso ogni tot anni, ci viene detto. E’ facile però obiettare che le leggi – le buone leggi – non si fanno con i principi – che invece portano a leggi sciagurate come la legge 40, smantellata dalla Consulta, dopo che aveva fatto danni e infelicità a non finire.

Comunque, se vogliamo tenerci ai principi, ogni divieto normativo con allegata sanzione penale, deve essere sorretto dal principio di offensività. Che cosa offende la surrogacy? Non certo il diritto dei figli, che, lo dicono approfondite ricerche, crescono altrettanto bene all’interno di famiglie omogenitoriali che eterogenitoriali. Il benessere dei minori deve essere la bussola di ogni provvedimento che li riguarda.

Che succede quando una donna si presta alla surrogazione?

Allora, partiamo dal presupposto che queste donne sono maggiorenni e lo fanno per libera scelta e dunque interferirvi è già grave di per se’. Ma, si dice, lo fanno costrette dal bisogno. Entro certi limiti, osservo io. Vi è in loro, certo, anche l’aspirazione ad un equo compenso, ma non è l’unica spinta. E’ spinta altrettanto valida il poter essere d’aiuto a chi altrimenti non accederebbe mai alla gioia di avere un figlio: mica poco!
Laddove questi contratti (genitori/surrogata) sono ben regolamentati, la surrogata è tutelata per tutta la gravidanza, senza perdere una stilla della propria libertà e il compenso per il disagio, i rischi e i sacrifici, è equo.
E’ accaduto in un recente caso giudiziario negli USA che il tribunale ha inteso comparare il reddito dei genitori con quello della surrogata, per meglio valutare se si trattasse di un rapporto sperequato e magari forzato.

Bene, è venuto fuori che la famiglia della surrogata godeva di un reddito superiore a quello della famiglia dei genitori committenti. Allora, invece di proseguire coi dettati ideologici e i divieti cervellotici conseguenti, ci si potrebbe invece concentrare su una avveduta regolamentazione della pratica della surrogazione (presupposti, limiti, compreso quello dell’età ecc.ecc.) per consentirla anche in Italia. Invece di incaponirsi a proibirla in ogni parte del mondo, quando il mondo è ormai le mille miglia più avanti.

Da più di dieci anni tratta questi casi nelle aule giudiziarie, ce ne racconti qualcuno?

Nelle aule giudiziarie approdano per lo più casi penali, poiché i PM sostengono che far trascrivere i figli nati da surrogazione costituisce alterazione di stato poiché la madre non è colei che ha messo al mondo il bambino. Tale impostazione è stata sempre rigettata dai giudici di merito e la Cassazione non si è ancora mai pronunciata: altri giudici di merito, sembrandogli forse esagerato colpire con una pena che va dai 5 ai 15 anni chi semplicemente sei è dato da fare per avere un bambino, hanno preferito attestarsi su false dichiarazioni all’ufficiale dello stato civile (reato che comporta una pena molto inferiore), ma poi, salvo in casi sporadici, anche questa ipotesi di reato è caduta, specie dopo l’intervento della Corte EDU del 2014 con cui si stabiliva che i figli nati da surrogazione hanno comunque diritto ad essere trascritti come figli dei genitori committenti: e dunque il falso compiuto sarebbe comunque un “falso innocuo”.

 Il caso più interessante che ha trattato?

Quello più interessante l’ho discusso dinnanzi al Tribunale Civile di Napoli, cui mi ero rivolto per esigere che l’ufficiale dello Stato Civile trascrivesse due gemellini nati in Colorado con la surrogazione fossero trascritti come figli del padre. Il Tribunale napoletano ha emesso una bellissima sentenza (sent. 3/6/2011) in cui si stabilisce che molti possono essere i diritti connessi alla genitorialità e alla filiazione (diritto alla certezza della successione, diritto alla rintracciabilità delle origini e via e via), ma più importante di tutti è ribadire il legame genitore-figlio laddove il genitore ha fortemente voluto il figlio e si è fatto carico di averlo, assumendosene tutti i diritti e i relativi doveri. Mica male i giudici napoletani!

di Domenico Sisti

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