Si chiama medicina integrata ed è un insieme di trattamenti che aiutano il recupero del paziente affetto da malattie rare e oncologiche

In Nord Europa è una realtà ormai consolidata, ma sta prendendo piede anche in Italia la cosiddetta medicina integrata, un insieme di terapie che mette al centro di tutto l’aspetto umano del paziente.
Nel nostro paese, le regioni che la stanno seguendo con maggior attenzione sono la Toscana, nell’ospedale di Pitigliano, e la Liguria dove è partito a gennaio un nuovo progetto nell’ospedale Gallino di Pontedecimo.
Qui, grazie al sostegno di Sonia Viale, assessore alla Sanità, e alla convenzione con la Onlus Antonio Lanza, è stato dato il via a un progetto rivolto ai pazienti affetti da malattie rare, e oncologiche.
Edoardo Rossi, oncoematologo e responsabile scientifico del progetto, ha dichiarato: “Si tratta di un connubio tra medicina accademica e medicina complementare, che sono intimamente connesse, per cure incentrate sulle persone e non solo sulla malattia. Cure che consentono al paziente di essere coinvolto attivamente nel processo terapeutico”.

La medicina integrata, però, non va confusa con la medicina alternativa, ma si aggiunge alla medicina classica, senza sostituirla. 

La sperimentazione della medicina integrata all’ospedale Gallino nasce un’idea di Anna Lanza, madre di Antonio Lanza, campione nazionale di vela.
Antonio, ancora molto giovane, scopre di avere una rara malattia del sangue e, dopo essere stato curato in modo mirabile dalla medicina classica, si rende conto di avere un grande problema. La malattia era stata curata, ma la qualità della vita ne aveva inevitabilmente risentito.
Una realtà comune a molti pazienti di malattie rare che richiedono cure invasive, ma necessarie.
Come spiegato da Luigi Bottaro, Direttore ASL 3 “L’oncologia ha avuto come obiettivo la cura della malattia, trascurando troppo spesso l’aspetto umano. La mamma di Antonio Lanza si è data come obiettivo quello di arrivare alla visione olistica, alla visione della persona, al suo risveglio e alla sua capacità di reinserirsi. Sono molti i pazienti a cui sono state ‘bloccate’ malattie rare, ma che in seguito a cure invasive, comunque necessarie, come radioterapia e chemioterapia, guariscono, ma non sono più in grado di progettare la propria vita”.

In queste circostanze, però, la medicina integrata può fornire un aiuto importante.

Innanzitutto vuole trattare i pazienti nella loro totalità, come persone e non solo come malati, per puntare a un concetto di salute che unisce benessere fisico, psicologico e sociale. La medicina integrata vuole alleviare gli effetti collaterali di alcune terapie della medicina classica, aggiungendo altre metodologie, tra queste lo shiatsu, le onde elettromagnetiche, la terapia nutrizionale, e quella psico-oncologica. Spesso non si considera che chi ha fermato la malattia deve ricominciare una nuova vita”.
E gli effetti, a giudicare dalle sperimentazioni condotte in Liguria e Toscana, sono davvero incoraggianti.
“Partiamo dal massaggio – prosegue Bottaro – lo shiatsu ha proprietà rilassanti, influisce sulla psiche, riequilibra l’individuo; le onde elettromagnetiche hanno la capacità di abbassare i radicali liberi, che si producono in grande quantità dopo chemio e radioterapia, responsabili dell’affaticamento e dell’invecchiamento dei tessuti”.
Quanto al cibo, è bene ricordare che “la terapia nutrizionale serve per tenere l’indice glicemico a livelli bassi, ad affamare il tumore: ovvero, lo fa morire di fame. Infatti le cellule tumorali hanno un metabolismo elevato e richiedono un elevato livello di glicemia. Poi c’è l’aspetto psicologico, penso alle donne con tumore alla mammella che spesso dopo la mastectomia, perdono la loro autostima”
Il progetto di sperimentazione sulla medicina integrata è cominciato a gennaio, ma per ora sembra non aver incontrato troppo scetticismo, sebbene sia ancora presto per parlare di una sua diffusione su larga scala.
“Consideriamo i numeri – conclude Bottaro – questa sperimentazione costa 55 euro al mese a paziente. Siamo a metà del percorso che terminerà nel 2018, e ha già dato ottimi risultati: i pazienti hanno cominciato a riappropriarsi della loro vita, una giovane donna affetta da tumore adesso aspetta un figlio. Siamo partiti da 50 pazienti, e stiamo arrivando a una sessantina”
 
 
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