Il principio è stato chiarito dalla Cassazione in relazione alle parole intimidatorie pronunciate da un anziano di 84 anni

“Vieni fuori che facciamo a pugni”. La pronuncia di queste parole nel corso di una lite con un condomino è valsa a un signore di 84 anni la condanna, da parte del Giudice di Pace di Belluno, a una pena pecuniaria per i reati di ingiuria e minacce, disciplinati rispettivamente dagli articoli 594 e 612 del codice penale.
L’anziano, tuttavia, ha deciso di ricorrere in Cassazione, in base alla considerazione secondo cui la frase attribuitagli non conteneva alcuna minaccia di ‘un male ingiusto’. Il giudice, inoltre, avrebbe omesso di valutare l’effettiva idoneità intimidatoria di quelle parole, non tenendo in considerazione sia l’età avanzata del ricorrente che la reazione della persona offesa. Quanto al reato di ingiuria poi l’uomo lamentava “l’ingiustificata ed illogica esclusione dell’esimente della reciprocità delle offese”.
La Suprema Corte, nel pronunciarsi sul ricorso con la sentenza n. 25080/2016, ha chiarito in primo luogo che con l’entrata in vigore del decreto legislativo n. 7/2016 il reato di ingiuria è stato abrogato. Pertanto, senza entrare nel merito delle eccezioni sollevate dal ricorrente, i giudici di Piazza Cavour hanno stabilito che, rispetto a tale capo d’imputazione, la sentenza impugnata doveva essere certamente annullata.
Passando al reato di minacce, gli Ermellini hanno rilevato che effettivamente l’efficacia intimidatoria della frase pronunciata dall’uomo 84enne, pur essendo idonea, in via generale, a integrare la fattispecie prevista dal codice penale, doveva essere valutata con riferimento specifico al caso concreto. In altri termini i giudici del Palazzaccio hanno sancito che per l’integrazione del reato non basta una qualsiasi frase intimidatoria ma bisogna tener conto del contesto in cui le parole intimidatorie vengono pronunciate.
Nel caso in questione il Giudice di Pace non aveva in alcun modo proceduto a tale valutazione, che, se effettuata, lo avrebbe dovuto portare a escludere l’offensività di una frase pronunciata da un soggetto in età avanzata, per di più nei confronti di una persona più giovane di 20 anni. La Corte, pertanto, ha accolto il ricorso e ha annullato la sentenza anche in relazione al reato di minacce in quanto ‘il fatto non sussiste’. La condotta dell’anziano signore, infatti, non può essere considerata penalmente rilevante dovendosi escludere qualsiasi potenzialità offensiva della medesima.
LEGGI ANCHE:
Ingiuria? Guida senza patente? da oggi non è più reato
Dissidi privati, l’alternativa alla causa civile è il commissariato

- Annuncio pubblicitario -

LASCIA UN COMMENTO O RACCONTACI LA TUA STORIA

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui