La morte di un minore per un’otite impone una riflessione sui diritti di figli e genitori in ambito della salute

La morte di un minore di sette anni per l’assenza di cure da parte dei genitori sulla base di un percorso di medicina alternativa a quella ufficialmente riconosciuta dal sistema sanitario nazionale è inaccettabile e dimostra una evidente incapacità genitoriale degli stessi.
Essere genitori, oggi più che mai, impone il dovere degli stessi di rispettare lo statuto giuridico del figlio che va al di là delle proprie convinzioni personali sulla bontà o meno di cure che hanno l’approvazione scientifica degli esperti sulla base di protocolli valutati dalla prevalente comunità scientifica.
Il medico omeopoata che difende ottusamente la propria scelta di rifiuto di un percorso di cura di cui il minore ha diritto, per una osservanza ideologica ad un modello di medicina alternativa che porta fino al decesso di un paziente impone la necessità di escludere quel sedicente medico dall’albo dei medici.
D’altro canto, decidere arbitrariamente sulla vita dei propri figli senza rispettare il loro diritto alla vita, alla salute e a crescere in un ambiente sano e consono alle proprie inclinazioni, così come richiesto da ogni principio giuridico di diritto nazionale ed internazionale deve portare alla previsione di sanzioni anche molto severe nei confronti di quei genitori che conservano una concezione proprietaria dei figli.
I figli hanno diritto alle cure che meglio possano rispondere alle richieste di patologie in essere o in potenza mediante la somministrazione di medicinali che curino i bambini e non che li uccidano indiscriminatamente.
Il tema era già sorto nel corso degli ultimi avvenimenti in cui alcuni genitori, abusando del loro dovere di esercizio delle funzioni educative, decidevano di non somministrare ai propri figli le vaccinazioni obbligatorie.
E’ bene ricordare che i figli, anche i propri, sono titolari di diritti ed interessi che non possono e non devono essere confusi con quelli genitori e che talvolta gli uni e gli altri possono addirittura confliggere.
In tal caso a prevalere è il diritto del minore e non la pretesa del genitore ad imporre personali convinzioni basate su scelte ideologiche e non motivate che incidono profondamente sulla vita dei propri figli in un ambito, come quello della salute, così tanto incidente sulla qualità della stessa.
Dunque è vietato dallo statuto giuridico del minore ad un genitore di scegliere una strada che possa evidentemente danneggiare il proprio figlio in nome di principi che non trovano alcun fondamento giuridico e che sono l’espressione di motivazioni più che altro emotive e credenze di vario tipo dei genitori.
La condizione del minore non implica la privazione della titolarità di diritti, ma solo la temporanea sospensione dell’esercizio di alcuni di essi fino alla maggiore età, che hanno per lo più una valenza civica, come l’esercizio del diritto di voto o simili. I minori, è bene ricordarlo sono soggetti di diritto tra cui quello alla salute riconosciuto dall’art. 32 Costituzione.
Ed è proprio dai genitori che ci si deve aspettare il primo e massimo rispetto di questi diritti soggettivi e primari che non ammettono una rinuncia o una compressione, soprattutto in ordine a interessi che hanno un rango decisamente inferiore.

Avv. Andrea Catizone
(Foro di Roma)

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