La Asl ha riconosciuto 77.500 euro alla famiglia della donna morta di epatite C nel 2016 come indennizzo. Aveva contratto la malattia per colpa di una trasfusione di sangue infetto in ospedale.

È giunta finalmente a una parziale conclusione la vicenda di una donna di Pietrasanta, in provincia di Lucca, morta di epatite C nel 2016. La 63enne aveva contratto la malattia a causa di una trasfusione di sangue infetto, avvenuta nel 1976 all’ex ospedale Lucchesi, come riporta Il Tirreno.

All’epoca la paziente aveva 23 anni e aveva dovuto ricevere la trasfusione a causa di un intervento chirurgico. Il sangue, però, era infetto. La donna ha quindi dovuto convivere tutta la vita con una malattia tremenda, all’epoca ancora sconosciuta.

Ora, a distanza di 42 anni dai fatti, la famiglia della donna ha ricevuto un indennizzo di 77.500 dall’Asl, dopo il parere favorevole della commissione di medici incaricati. Questi ultimi hanno riconosciuto l’errore commesso.

Come noto, non si tratta della prima richiesta di risarcimento per vittime di trasfusioni di sangue infetto.

Come la vicenda dalle 63enne, morta di epatite C, infatti, ci sono stati centinaia di casi.

Esiste infatti una legge specifica dello Stato, risalente al 1992, che riconosce un indennizzo a queste persone.

La vicenda della donna di Pietrasanta è particolarmente dolorosa, anche perché all’epoca le conoscenze sulla malattia erano davvero ridotte se non nulle.

Le condizioni di salute della signora sono state in più occasioni oggetto di accertamenti fino a quando, solo nel 1991, ha ottenuto una diagnosi definitiva.

Alla morte della donna, il marito e i tre figli decidono di rivolgersi all’avvocato Luca Giusti per ottenere giustizia. La famiglia e il legale si avvalgono della perizia del dottor Roberto Taddeucci.

In base alla legge del 1992, la famiglia inoltra la richiesta di indennizzo nei confronti della Asl Toscana Nordovest, che è competente per territorio.

Quest’ultima, come da prassi, gira la questione alla Commissione medica militare di La Spezia. Questa ha il compito di accertare la legittimità della richiesta.

A quel punto avviene il primo passo che consente il riconoscimento dell’errore medico, che si conclude con un esito favorevole.

In realtà non si tratta di un risarcimento, ma di un primo indennizzo, pari a 77.500 euro, la cui entità è prevista dalla legge sulle vittime delle trasfusioni da sangue infetto.

Infatti, il riconoscimento del danno vero e proprio potrà arrivare solo dopo la causa civile che la famiglia intenterà al Ministero della Salute. Spetterà poi ai giudici stabilire l’entità del danno subito.

 

 

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