Il medico era accusato di una indecisione fatale per la paziente, sottoposta a un cesareo programmato e morta dopo 14 mesi di coma vegetativo

Era finito a giudizio con l’accusa di omicidio colposo per il decesso di una paziente, morta dopo 14 mesi di coma vegetativo nell’ottobre del 2013. Il ginecologo, in servizio presso l’Ospedale San Pietro di Roma è stato condannato nelle scorse ore a 4 mesi di reclusione.

Il fatto risale al luglio del 2012. La vittima, una donna di 36 anni alla terza gravidanza, si era ricoverata presso il nosocomio capitolino per un cesareo programmato. Durante il parto i medici si erano accorti della presenza imprevista di una placenta previa, non riscontrata in fase di gravidanza.

A fronte di tale situazione il ginecologo non sarebbe stato in grado di prendere una decisione. Solo l’intervento del primario del reparto avrebbe evitato il precipitare della situazione, consentendo alla bambina di nascere dopo l’asportazione della placenta.

L’indecisione dell’imputato, tuttavia, sarebbe stata invece fatale per la mamma, colpita da un’inevitabile emorragia e caduta in coma.

La Procura ha accolto la tesi dell’accusa secondo la quale, se il medico avesse agito tempestivamente esportando l’utero, la donna si sarebbe salvata. La mamma invece, trasferita per le cure in un centro specializzato vicino Imola e poi riportata nella Capitale, non ce l’ha fatta.

Il Tribunale ha anche stabilito un risarcimento, in via provvisionale, per i parenti della vittima. La cifra ammonta a 90mila euro per le tre figlie, 70mila per il compagno e 50mila per i fratelli e la madre. Sentenza di assoluzione, invece, per il primario e i due anestesisti, nei confronti dei quali il Giudice non ha ravvisato profili di responsabilità.

 

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