La Cassazione ha respinto il ricorso di due professionisti in servizio in una struttura ospedaliera del salernitano, condannati in sede di merito per il decesso di una donna morta dopo una isterectomia nel 2000

Morì un intervento di isterectomia nel marzo del 2000. A distanza di 19 anni la Cassazione ha posto la parola fine sulla vicenda processuale scaturita da quella tragedia, confermando la condanna per omicidio colposo stabilita in sede di merito nei confronti di due medici. Si tratta, nello specifico, del chirurgo che coordinava l’equipe operatoria e del primo assistente, che dovranno scontare, rispettivamente, 6 e 4 mesi.

Nel respingere il ricorso presentato dai due professionisti, i Giudici del Palazzaccio hanno quindi confermato la ricostruzione della Corte di appello, secondo cui i camici bianchi avrebbero sbagliato sia in sala operatoria, determinando la perforazione dell’intestino della paziente, sia dopo l’intervento, quando una controllo più accurato avrebbe comunque consentito di salvarle la vita.

Come ricostruisce il Mattino, la donna era stata ricoverata in una struttura ospedaliera della provincia di Salerno per l’asportazione dell’utero. Tuttavia sarebbe rimasta vittima di una serie di errori commessi da parte del personale sanitario.

A partire, secondo le conclusioni delle successive consulenze tecniche esperite, dalla scelta del metodo di intervento. La posizione dei focolai endometriosici, infatti, avrebbe consigliato una procedura di tipo tradizionale; invece i medici optarono per una laparoscopia. La scelta non sarebbe stata modificata nemmeno in corso d’opera, quando le difficoltà iniziarono a palesarsi. Inoltre non si sarebbe dato peso ad alcuni sintomi post operatori. “Il controllo laparoscopico successivo all’intervento – scrivono i giudici –  fu eseguito in modo superficiale nonostante le circostanze dovessero indurre a una verifica più accurata”.

La paziente venne nuovamente operata due giorni dopo il primo intervento per una peritonite. In quell’intervallo di tempo la piccola ferita al retto aveva infatti consentito al materiale fecale di arrivare nell’addome, causando una grave infezione. Nonostante l’asportazione di una parte del colon, il 6 marzo era sopraggiunto il decesso, causato da un collasso cardiorespiratorio dovuto allo choc settico.

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