Si è concluso con una condanna il terzo troncone del processo sul caso della sedicenne morta in sala operatoria, a causa di un black out.

Si torna a parlare del caso della giovane Federica Monteleone, la sedicenne morta in sala operatoria, durante un intervento di appendicite. La giovane ragazza era stata trasferita all’ospedale di Cosenza, dopo un black out nella sala operatoria dell’ospedale di Vibo Valentia.
La giovane è morta nella sala rianimazione dell’ospedale di Cosenza, nel gennaio 2007. Ed il Tribunale di Vibo Valentia ha quindi condannato a due anni Antonio Messina, all’epoca dei fatti responsabile dell’ufficio manutenzione dell’ospedale “Jazzolino”, per falsa testimonianza e calunnia, piu’ il risarcimento alle parti civili.
L’uomo voleva coprire i medici, ma non ci è riuscito. Questo il verdetto per il quale il Tribunale di Vibo Valentia l’ha condannato. Per altri sette imputati, tra cui elettricisti, progettisti e direttori dei lavori delle nuove sale operatorie, a dare il verdetto è stata la prescrizione.

Il ruolo della Cassazione

Secondo la Cassazione, durante il dibattimento alcuni testi avevano rilasciato false testimonianze e calunnie nei confronti di alcuni medici che avevano operato la ragazza. Così, è nato il troncone del processo Federica-ter, che ha visto poi la condanna per falsa testimonianza di Antonio Messina.
Tra gli indagati del processo, in seguito assolti, anche una dirigente dell’ospedale Annunziata di Cosenza. Mentre, ad essere condannate in via definitiva per il reato di omicidio colposo nel corso degli altri due tronconi del processo, sono state 7 persone.

Il dolore della madre di Federica

La madre di Federica Monteleone, la giovane ragazza morte per un black out mentre era in sala operatoria, non si fa una ragione. Un semplice intervento di appendicite è stato fatale alla figlia.
La donna, ancora oggi affranta per la scomparsa della sua Federica, afferma che questa sentenza fa più male delle altre, perché su otto imputati solo per uno si è giunti alla condanna.
 
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