Nel caso di morte per atto illecito, il conseguente danno è la perdita del bene giuridico “vita”, che è “bene autonomo”, fruibile solo dal titolare e non risarcibile per equivalente

Avevano chiesto il risarcimento dei danni derivati dalla morte del loro congiunto, rispettivamente figlio e fratello, avvenuta a seguito di un sinistro stradale mentre era alla guida del proprio motociclo.

Si era trattato di un impatto frontale contro l’auto che proveniva nel senso contrario e che aveva invaso la corsia opposta.

Ebbene i ricorrenti avevano chiesto il risarcimento del danno biologico jure hereditatis. Ma in giudizio d’appello l’istanza era stata rigettata per essere il loro congiunto, sopravvissuto solo pochi minuti dopo il sinistro.

Ed invece, dall’istruttoria era emerso che quest’ultimo era morto mezz’ora dopo l’incidente. Tempo che comunque il Collegio aveva ritenuto insufficiente.

A tal proposito era stato fatto espresso richiamo alla giurisprudenza di legittimità (Cass. 1361/2014) in tema di danno non patrimoniale da perdita della vita; questo rileva ex se – obiettavano i ricorrenti -, indipendentemente dalla consapevolezza del danneggiato, e sussiste il risarcimento anche per morte immediata.

In realtà, la motivazione adottata dalla corte d’appello per giustificare la decisione impugnata era alquanto contradditoria.

Il punto controverso era l’individuazione del bene leso in caso di morte da fatto illecito. Esso si identifica nel bene vita o nel diritto alla salute? E ancora, il bene vita è entità autonoma e risarcibile o soltanto strumentale?

Per i ricorrenti, “i diritti non vivono in uno spazio temporale, ma in uno spazio logico” e pertanto, è lecita la trasmissione agli eredi di un diritto acquisito dalla vittima nel momento stesso in cui tale diritto viene meno.

La Cassazione e il danno tanatologico

Le ambiguità riscontrate nella motivazione della sentenza dei giudici d’appello – secondo la Cassazione -rispecchiano, in sostanza, le incertezze presenti nella giurisprudenza di qualche anno fa. Tali incertezze sono, tuttavia, state superate da uno specifico intervento nomofilattico: Sezioni Unite 22 luglio 2015 n. 15350.
In tale ultima pronuncia le Sezioni Unite hanno sostanzialmente confermato l’unitarietà del danno non patrimoniale, riconoscendo che questo tipo di danno non patrimoniale può essere ricondotto tanto all’aspetto biologico in senso stretto – nel settore psichico – quanto alla correlata sofferenza d’animo.

Nel caso di morte per atto illecito il conseguente danno è la perdita del bene giuridico “vita”, che è “bene autonomo”, fruibile solo dal titolare e non reintegrabile per equivalente.

La morte, quindi, non rappresenta la massima offesa possibile del diverso bene “salute”… E poiché una perdita, per rappresentare un danno risarcibile, è necessario che sia rapportata a un soggetto che sia legittimato a far valere il credito risarcitorio, nel caso di morte verificatasi immediatamente o dopo brevissimo tempo dalle lesioni personali, l’irrisarcibilità deriva (non dalla natura personalissima del diritto leso… poiché… ciò di cui si discute è il credito risarcitorio, certamente trasmissibile, ma) dalla assenza di un soggetto al quale, nel momento in cui si verifica, sia collegabile la perdita stessa e nel cui patrimonio possa essere acquisito il relativo credito, ovvero dalla mancanza di utilità di uno spazio di vita brevissimo”.

È per tali ragioni che l’istanza dei ricorrenti non è stata accolta.

La redazione giuridica

 

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