Il giovane morto per ritardo nei soccorsi nel 2010, giunse con diversi traumi in ospedale, ma ciononostante l’intervento non venne effettuato subito

Dopo un incidente in moto venne trasportato al Fatebenefratelli di Napoli, non venne operato ma trasferito al Cardarelli ed è morto per ritardo nei soccorsi.
È la storia drammatica di un ventenne, Andrea Colace, deceduto così nel 2010, per un colpevole ritardo a intervenire la cui responsabilità, per i giudici, è di due medici.
Entrambi, Andreana Martella e Vincenzo Cirigliano, sono stati condannati per omicidio colposo a un anno di reclusione per il decesso di Colace, morto per ritardo nei soccorsi.
Un caso di malasanità, l’ennesimo, che coinvolge la Campania.
I due medici infatti erano in servizio nell’ospedale Fatebenefratelli di Napoli.
Il 10 luglio del 2010 Andrea Colace è giunto, a seguito di un incidente in moto, al pronto soccorso del nosocomio di via Manzoni.
Qui non venne operato tempestivamente nonostante presentasse diversi traumi.
Il ventitreenne venne trasferito in ritardo al trauma center del Cardarelli, dove poi è morto per ritardo nei soccorsi.
L’intervento, infatti, si sarebbe dovuto effettuare immediatamente, secondo i giudici, e non tre ore dopo. Un lasso di tempo che gli è risultato fatale.

In particolare, è emerso dal dibattimento, i medici non si accorsero di una grave lesione al fegato che il ragazzo aveva riportato.

“Il Tribunale — sottolinea l’avvocato Carmine Ippolito, difensore di parte civile insieme a Mario Girardi — ha ritenuto sussistenti rilevanti profili di colpa medica nella condotta dei sanitari, riconosciuti colpevoli”.
Non solo.
Il legale della famiglia ha evidenziato “la sussistenza del nesso causale tra i ritardi e le omissioni al Fatebenefratelli rispetto al decesso avvenuto molte ore più tardi al Cardarelli, dove non servirono a nulla gli sforzi fatti per salvare il giovane ormai in condizioni definitivamente compromesse”.
Un terzo medico, inizialmente coinvolto, è stato assolto.
La condanna dei due medici, per la madre di Andrea, Caterina Stellato, è il risultato di anni di lotte per riuscire a fare chiarezza su quanto avvenuto.
“È stato un calvario, ma finalmente abbiamo la verità” ha dichiarato la madre.
Un processo lungo ma che, alla fine, ha dato ragione alla famiglia.
“La sentenza – prosegue – non mi ridarà mio figlio, ma questo lo dovevo a lui, perché non era quello il momento in cui doveva andarsene, a 23 anni e non per sua responsabilità”.
 
 

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