La proposta messa nero su bianco dalla Regione Emilia-Romagna prevede l’ obbligo vaccinale per medici e infermieri. Coinvolti 10mila operatori

C’è la possibilità che venga presto introdotto, in Emilia-Romagna, l’ obbligo vaccinale per medici e infermieri. La proposta, messa nero su bianco dalla Regione, prevede indicazioni molto precise. E conseguenze, per chi si rifiuta.

Il messaggio è chiaro. O si accetta l’ obbligo vaccinale per medici e infermieri contro il morbillo, la rosolia e la varicella oppure in alcuni reparti definiti “ad alto rischio” – dal pronto soccorso all’oncologia – non si potrà lavorare.

Non si parla certo di licenziamento, certo, ma chi non vorrà sottostare a tale disposizione sarà spostato “a mansioni equivalenti o inferiori”.

Nessun cambiamento neppure in termini di stipendio, ma sugli effetti di questa proposta si sta già alzando un polverone.

A un anno dai vaccini obbligatori per i bimbi che frequentano i nidi, l’assessore alla Sanità Sergio Venturi mantiene la promessa. Adesso è la volta dell’ obbligo vaccinale per medici e infermieri, come annunciato mesi fa.

La proposta di Venturi che i sindacati hanno ricevuto s’intitola “Accordo in merito alla prevenzione del rischio biologico in ambiente sanitario”.

In sostanza, vengono individuate “delle aree sanitarie ad alto rischio” sia per gli operatori sanitari sia per i pazienti.

Si tratta dei reparti di oncologia, ematologia, trapianti, neonatologia, ostetricia, pediatria, malattie infettive, pronto soccorso e rianimazione.

Occorre “prevedere che in queste aree possano svolgere la loro attività solo gli operatori che risultano portatori di immunità diretta o indiretta nei confronti di morbillo, parotite, rosolia e varicella, in quanto malattie prevenibili da vaccino”.

Gli ospedali dovranno pertanto individuare le persone “da non adibire ad assistenza diretta” in questi reparti a rischio.

E per chi non si vaccina, è previsto temporaneamente uno spostamento finché non si mette in regola o un trasferimento.

“È prevista la possibilità di adibire il lavoratore, ove possibile – si legge – a mansioni equivalenti o, in difetto, a mansioni inferiori, garantendo il trattamento corrispondente alle mansioni di provenienza”.

A essere coinvolti saranno almeno 10mila operatori, ma si conta su una collaborazione fattiva di tutti, medici e infermieri.

Accanto all’accordo, l’assessorato alla Sanità ha inoltrato uno studio di novanta pagine redatto da quattordici studiosi di altrettante aziende sanitarie della Regione.

“Le vaccinazioni negli operatori sanitari hanno una triplice valenza – si legge –. Proteggono l’utente del servizio sanitario; l’operatore sanitario che per motivi professionali è maggiormente esposto al contagio; tutelano il servizio sanitario che, in situazioni epidemiche, potrebbe fronteggiare una carenza acuta di personale”.

Eppure, secondo Fausto Francia, ex capo del Dipartimento di sanità pubblica dell’Ausl, solo il 20% dei medici in regione si vaccina.

 

 

 

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