Subisce stalking la donna che viene perseguitata dal proprio amante che la minaccia di rivelare al marito la relazione e rovinarle la famiglia

La Corte di Cassazione con la sentenza n. 38377/2018 ha fornito chiarimenti sul reato di stalking ai danni di una donna perseguitata dal proprio amante.

Per gli Ermellini, il reato è integrato nonostante la donna inviasse messaggi apparentemente affettuosi all’ex. Ma questo unicamente allo scopo di “tenerlo calmo”

La vicenda

La Cassazione si è pronunciata su ricorso di un uomo condannato per stalking nei confronti dell’ex amante. Gli Ermellini, in realtà, si erano già trovati ad analizzare la vicenda e, su istanza del condannato, avevano annullato la sentenza che con cui i giudici di appello lo avevano ritenuto colpevole.

Nel corso della sentenza di annullamento, i giudici di Cassazione avevano richiesto una nuova analisi. Lo scopo era quello di di accertare se gli eventi previsti dalla norma fossero diretta conseguenza della condotta persecutoria dell’agente.

Secondo il ricorrente, i giudici di merito non avevano motivato sulla condotta ambivalente della donna, da lui censurata. A suo avviso, infatti, il fatto che la donna talora lo contattasse non era stato preso in considerazione dai giudici.

In sede di rinvio, tuttavia, la condanna è stata confermata.

Per la Corte territoriale, infatti, tutti i contatti ricercati ossessivamente dall’imputato nei confronti della donna – così perseguitata dal proprio amante – erano stati univocamente rifiutati e osteggiati dalla vittima.

E così, anche i giudici, nuovamente chiamati a pronunciarsi sulla vicenda, hanno rigettato l’impugnazione.

Secondo l’imputato, i giudici a quo non si erano attenuti alla regola di giudizio posta dalla sentenza di annullamento.

Questa infatti richiedeva maggior ponderatezza da parte dell’organo giudicante.

Invece, secondo la Cassazione, questa non può muoversi alcuna censura alla decisione di condanna che, pertanto, assume carattere definitivo.

Come si legge in sentenza, non viola l’obbligo del c.d. giudicato interno il giudice di rinvio che, dopo l’annullamento per vizio di motivazione, pervenga nuovamente all’affermazione di responsabilità dell’imputato sulla scorta di un percorso argomentativo in parte diverso e in parte arricchito rispetto a quello censurato in sede di legittimità.

Nella sentenza emessa in fase di rinvio la Corte d’Appello ha rimarcato un aspetto importante.

Dall’elenco dei messaggi ai quali aveva fatto riferimento proprio la difesa, era emerso che già dall’11 dicembre 2014 la donna perseguitata dal proprio amante avesse deciso di non cercare più l’imputato.

Non solo. Dal 16 febbraio 2015, erano definitivamente cessati i messaggi dal tenore apparentemente affettuoso provenienti dalla donna.

In merito invece al tenore ambivalente dei messaggi della donna, i giudici d’appello hanno loro attribuito il valore di “estremo tentativo della donna di tenere calmo l’ex amante che a partire dal mese di dicembre 2014 aveva iniziato a inviarle frequenti messaggi in cui minacciava di rivelare la relazione al marito e di rovinare lei e la sua famiglia, pedinandola e appostandosi presso la sua casa e sul luogo di lavoro”.

Inoltre era stato appurato che la donna si trovasse in stato di gravissima soggezione nei confronti dell’amante. Questi infatti era stato condannato in via definitiva per episodi di violenza carnale consumata e tentata.

In conclusione, la motivazione fornita dal giudice d’appello dopo il rinvio rispetta la traccia argomentativa imposta dalla sentenza della sezione penale.

Quest’ultima aveva richiesto di riesaminare il nesso di causa tra condotta dell’imputato e il cambiamento di umore e abitudini della vittima.

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