Si riduce nell’ambito del processo penale, la legittimazione all’impugnazione di merito. L’obiettivo è la semplificazione delle cause

Il Consiglio dei Ministri, nella mattinata di ieri, ha dato il via libera al decreto legislativo che modifica la disciplina di giudizi di impugnazione. Si tratta di uno dei decreti attuativi previsti dalla Legge 103/2017, recante “modifiche al codice penale, al codice di procedura penale e all’ordinamento penitenziario”. Un altro tassello nel compimento della riforma del processo penale voluta dal Ministro della Giustizia, Andrea Orlando.

L’intervento normativo, fanno sapere da Palazzo Chigi, s’inserisce nel più ampio programma sotteso alla riforma, volto alla semplificazione e velocizzazione dei processi. L’obiettivo è quello di garantire l’attuazione del principio della ragionevole durata del processo, nonché la deflazione del carico giudiziario. Il tutto mediante la semplificazione dei procedimenti di appello e di cassazione.

In tale ottica, i principi di delega orientano alla modifica del procedimento davanti al giudice di pace, nonché all’individuazione degli uffici del Pm legittimati a proporre appello. Tra le finalità rientrano poi la riduzione dei casi di appello e la limitazione dell’appello incidentale al solo imputato.

Il decreto, più specificamente, interviene sul sistema delle impugnazioni, limitando i poteri di appello sia del pubblico ministero che dell’imputato.

L’intento è quello di circoscrivere il potere d’impugnazione nei limiti in cui le pretese delle parti risultino soddisfatte.

In questa prospettiva, si riduce la legittimazione all’impugnazione di merito. Al pubblico ministero è precluso l’appello delle sentenze di condanna, ossia delle sentenze che hanno riconosciuto la fondatezza della pretesa punitiva. Vi sono alcune eccezioni quali il caso sentenza di condanna che modifica il titolo del reato o che esclude l’esistenza di aggravanti ad effetto speciale.

All’imputato, specularmente, è precluso l’appello delle sentenze di proscioglimento pronunciate con le più ampie formule liberatorie (il fatto non sussiste, l’imputato non lo ha commesso).

 

 

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